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Napoli-Juventus 5-1. Manita di Spalletti ad Allegri, umiliazione al Maradona

Luca De Lellis
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Ha vinto, “pardon” dominato, la squadra che di più vuole conquistare questo scudetto. Ha vinto, anzi dominato, il Napoli di Luciano Spalletti. Un 5-1 nei confronti della Juventus che vale più di mille discorsi, congetture. È la vittoria dei "giochisti" ai danni degli "attendisti"? Forse. Semplicemente gli azzurri si divertono nel giocare, e divertono il pubblico. I bianconeri no. Ora le distanze di lunghezza in classifica si allungano a 10. Ci sarebbe tutto un girone di ritorno per recuperare, ma Max Allegri in primis non ha mai dato la sensazione di voler vincere questo campionato. Il suo atteggiamento difensivo inizia prima di tutto nelle dichiarazioni, e poi inevitabilmente ciò si rivede nei suoi uomini in campo.

 

 

Il campo, appunto. La Juve si è offerta all’avversario già dai primi istanti di gara. Eppure, era una sfida più che importante. Allegri lo aveva detto, “più decisiva per il Napoli che per noi”. E si è visto subito. Il duo Osimhen-Kvaratskhelia è indemoniato, Chiesa è costretto a ricoprire praticamente il ruolo di terzino destro per arginare il georgiano. Ma l’incomprensibile tattica “allegriana” non può funzionare. Dopo 40’ minuti di supremazia territoriale è 2-0. Prima un tap-in di testa facile di Osimhen dopo la sforbiciata di Kvara respinta da Szczęsny. Poi il raddoppio sempre del fenomenale numero 77 sull’assist della punta nigeriana. La Juve, che fin lì si è palesata nella metà campo avversaria solo con un mancino vellutato di Di Maria stampatosi all'incrocio dei pali, reagisce d’orgoglio. Anche perché Allegri decide di spostare Chiesa a sinistra dopo mezza partita da terzino.  Fa tutto Di Maria, il solo a salvarsi tra i bianconeri. Doppio scambio con Locatelli e Milik e colpo da biliardo per battere Meret. Si va all’intervallo sul 2-1.

 

 

Ma le squadre forti, e il Napoli lo è, non si fanno intimorire facilmente. Specie se il Maradona fa da dodicesimo uomo in campo. E allora è Rrahmani, il peggiore dei suoi fin lì, a fare 3-1 su una dormita del castello difensivo bianconero sull’angolo di Kvara. Qui sostanzialmente finisce la partita. La Juve si innervosisce, il suo allenatore pure, Bremer ne fa di tutti i colori. E il Napoli dilaga. Un altro gioiello di Osimhen su assist del georgiano e il punto esclamativo di Elmas fissano il punteggio definitivo. A memoria una sfida scudetto così poco equilibrata si stenta a ricordarla. Il Napoli e i napoletani non hanno mai sognato così in grande. La Juve, dopo 8 vittorie consecutive senza subire gol, ritorna con i piedi a terra. O meglio, sottoterra. Ha vinto la squadra più forte, che ha un sogno nel cuore e vuole realizzarlo più di tutte le altre.

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