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Derby, una Lazio perfetta batte la Roma: decide Felipe Anderson

Luca De Lellis
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Un déjà vu che nessun tifoso giallorosso avrebbe mai voluto rivivere. Chissà cosa avrà pensato, Roger Ibanez, quando si è visto scippare un pallone sanguinoso per la seconda volta nella storia del derby romano. Sì, perché la frittata era già stata combinata due stagioni fa. Lì fu Lazzari ad approfittarsi del pisolino del brasiliano, per servire il primo dei tre gol con i quali la Lazio di Inzaghi demolì la Roma di Fonseca. Stavolta cambiano gli interpreti biancocelesti, ma non il risultato finale. Sarri 1 Mourinho 0, in una partita segnata in modo indelebile dal disastro compiuto poco prima della mezzora di gioco da Ibanez. Ringrazia Felipe Anderson, sulla pressione decisiva di Pedro, che segna il suo terzo gol nella stracittadina capitolina.

La partita, in tutta onestà, non rispetta appieno il colpo d’occhio da brividi dell’Olimpico. Ma l’inno “Roma, Roma, Roma” carica a molla i giallorossi, che nei primi 5’ concludono due volte verso la porta di Provedel con Abraham e Zaniolo. Passano i minuti e la fiamma si spenge, anche grazie all’atteggiamento tattico preparato dall’allenatore toscano per la sua creatura. Sarri incarta la Roma ribellandosi ai suoi soliti principi di possesso palla prolungato (57% della Roma nel primo tempo) e fraseggi nello stretto alla ricerca dello spazio da attaccare. La Lazio bada al sodo. Aggredisce alta quando può – e da qui nasce lo 0-1 – e, più spesso, si ritrae velocemente dietro la linea della palla lasciando agli avversari solo la possibilità di fare melina con il trio difensivo Mancini-Smalling-Ibanez. L’unica alternativa valida per la pericolosità offensiva è la palla lunga per Abraham e Zaniolo, che si sbattono e producono la traversa del man of the match di giovedì, oltre a un paio di conclusioni di Pellegrini, sempre a rimorchio della coppia d’attacco.

Nel secondo tempo il trend non cambia. La Roma fa una difficoltà enorme nel creare qualche palla gol, la Lazio difende corta e sporadicamente si presenta di là per far male ai giallorossi. Come quando Cancellieri si fa 40 metri di campo palla al piede e prova a procurare la doppietta di Felipe Anderson, ma Rui Patricio non si dimostra d’accordo. Le uniche due sortite degli uomini di Mourinho sono la testata di Smalling su angolo di Pellegrini, al suo ultimo pallone toccato per infortunio al flessore. E un “mucchio selvaggio”, per dirla alla Piccinini, prodotto da Zaniolo e Abraham e risolto dalla premiata ditta Provedel-Romagnoli.

Poi inizia il Far West. La palla è sempre per aria e Radu dalla panchina scatena un parapiglia infinito non restituendo la sfera a Rui Patricio. Si gioca poco e niente. E anche male. Ma alla Lazio, in fondo, va bene così. La Curva Nord esplode, il terzo posto è realtà. Senza fare nulla di straordinario. La Roma rimane imbrigliata nelle sue debolezze e riceve il sorpasso dei rivali. La strada è ancora lunga, ma Mourinho lo sa. C’è tanto materiale su cui riflettere. E migliorare.

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