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L'amaro addio all'Italia di Giorgio Chiellini e lo sgarbo di Roberto Mancini. “Spietato”, scoppia la polemica

Luca De Lellis
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La Finalissima tra Italia e Argentina è coincisa con l’addio alla Nazionale Italiana di Giorgio Chiellini. Un addio amaro non solo per la sconfitta degli azzurri arrivata sotto i colpi di Messi e compagni, ma anche perché il numero 3 non ha potuto ricevere la legittima standing ovation alla sua straordinaria carriera con questa maglia, iniziata nel lontano 2004. Wembley - stesso stadio della sua più grande impresa sportiva di tutte le 117 partite disputate in azzurro (l’Europeo 2021) - non ha potuto regalargli il proprio tributo perché la sostituzione è arrivata durante l’intervallo.

 

 

Il c.t Roberto Mancini ha optato per Alessandro Bastoni, non si sa se in accordo con l’ormai ex capitano della Juventus oppure perché sul raddoppio di Angel Di Maria il “Chiello” ha palesato una condizione fisica ormai lontana da quella degli anni migliori. L’ipotesi di problemi muscolari è stata smentita da alcune indiscrezioni, ma non si può del tutto escludere. In ogni caso molte sono state le polemiche da parte di entrambe le tifoserie, italiana e argentina. Tanto che il giornalista sudamericano Manuel Olivari ha considerato l’allenatore di Jesi “uno spietato totale”, reo di aver “fatto ritirare Chiellini dalla Nazionale nello spogliatoio”. Rincarando la dose, ha dichiarato: “Capisco che il gol di Di Maria lo abbia esposto, ma non era meglio lasciarlo 30 secondi in campo e regalagli un applauso al momento della sostituzione? È un campione d'Europa e un calciatore storico”.

 

 

La carriera in azzurro di Chiellini è andata oltre ogni sua più alta aspettativa. Nessun rancore, quindi. Ammesso e non concesso che ne abbia mai provato, essendo una persona da sempre positiva e perennemente con il sorriso sulle labbra. Ed è così che ha guidato per l’ultima volta i suoi compagni, rientrando in campo dagli spogliatoi senza lasciar trasparire qualsiasi tipo di emozione negativa. L’Italia dovrà ripartire dallo spirito e dall’eredità sportiva lasciata da quello che è stato il gladiatore della sua difesa per 18 anni.

 

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