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Stadio della Roma, Tor di Valle resta in pole ma ormai tocca al nuovo sindaco

Fernando M. Magliaro
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Che si potesse votare a Natale lo Stadio della Roma era una possibilità presente solo nella narrazione personalissima del sindaco di Roma, Virginia Raggi. Che al voto non ci si sarebbe mai andati nei giorni a ridosso delle feste era chiaro già dalla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, con il limbo burocratico che ha inghiottito il progetto Tor di Valle.

I dettagli sulla superficialità degli annunci spudoratamente merce elettorale del Sindaco sono buoni per gli almanacchi. Le notizie vere sono che il Ceo della Roma, Guido Fienga, ha incontrato la Raggi. Che il sindaco, qualora mai si andasse al voto in questa consiliatura, perde ancora pezzi. E che a metà gennaio è prevista la firma del preliminare di vendita fra la Eurnova di Luca Parnasi e la CPI di Radovan Vitek e a febbraio il rogito finale, atto che conclude la lunghissima pratica di acquisizione da parte dell’immobiliarista della Repubblica Ceca dei cespiti di azienda di Parnasi. 

Capitolo Fienga-Raggi. Una decina di giorni fa, dopo che più volte l’ufficio del Sindaco aveva sollecitato un incontro, il Ceo romanista è andato a Palazzo Senatorio. Formalmente per gli auguri di Natale anche perché lo stesso Fienga non si è mai occupato di Stadio e, dal 1 gennaio, nella squadra As Roma arriverà dal Ministero delle Finanze il vicecapo di Gabinetto, Stefano Scalera, proprio per gestire il dossier dell’impianto. Ovviamente, auguri a parte, si è parlato anche di Stadio e, in un incontro a due, Fienga avrebbe ribadito che Tor di Valle è e rimane la prima scelta della Roma, ma che le indecisioni e le lungaggini burocratiche, le liti fra Regione e Comune e l’impasse in cui da molto è finito il progetto non aiutano di certo: cambiano i parametri economici e i valori sul terreno e al momento sono in corso delle riflessioni. I Friedkin non hanno fretta e preferiscono aspettare (a differenza di Pallotta) e valutare le scelte con maggior freddezza.

Se andrà bene per tutti (leggi Vitek) la Roma resta su Tor di Valle. Non esistono alternative "pronti-via": il Flaminio, che ciclicamente rispunta come ipotesi, non è mai stato preso in considerazione dal club giallorosso, anche perché sarebbe la proprietà, cioè il Comune, a dover fare il primo passo. Cosa che non è mai avvenuta. E qualunque altra area - dai sempreverdi Tor Vergata a Fiumicino - richiederebbe comunque tempi lunghi per poter essere presa seriamente in considerazione. 

Capitolo voto. Le probabilità che il dossier vada al voto prima delle elezioni comunali che eleggeranno il successore della Raggi sono praticamente pari a zero. Nei giorni scorsi, il Campidoglio ha spedito una email normale, non una posta certificata, con una serie di risposte sul problema della Roma-Lido di Ostia. Il 5 agosto scorso, nel mezzo delle discussioni fra Comune e Regione su come usare sulla Roma-Lido i 45 milioni di euro che la Roma pagherebbe come parte cash delle tasse, il vicedirettore generale del Comune, Roberto Botta, ha troncato le discussioni per la necessità del Campidoglio di andare in Giunta. Per cui, la Regione si è fermata (e magari senza nemmeno dispiacersi troppo) e la Giunta Raggi ha approvato, il 7 agosto, un testo di accordo unilaterale. Casualmente, il 10 agosto la Raggi ha annunciato la propria ricandidatura. 

Da quell’impasse non si è più usciti: il caso lo aveva sollevato Il Tempo a fine ottobre e la Raggi aveva risposto di avere l’accordo con la Regione. Smentita dopo 10 minuti. Poi nuovamente Il Tempo aveva chiesto conto a fine novembre. Nuovamente la Raggi annuncia l’accordo. Che non c’è. Da allora, a parte una prima videochiamata e poi questa ultima email non c’è altro. Politicamente la Regione non ha alcun interesse a muovere le acque. Almeno fino a che non si sarà chiarito il quadro politico per le elezioni comunali. Tutto questo, alla fine, si tradurrà in una lunga attesa delle elezioni senza che il dossier sia completo per il voto.

Tuttavia, qualora l’impasse si sbloccasse, la Raggi dovrebbe fare i conti con la perdita di due voti: la consigliera comunale Simona Ficcardi ha infatti annunciato di aver depositato una mozione per chiedere lo stop di tutto l’iter del progetto. Cofirmatari, Stefano Fassina e Agnese Cutini. Dettaglio: sia la Cutini che la Ficcardi votarono a favore della delibera Raggi sul pubblico interesse allo Stadio nel giugno 2017. Il cambio di rotta - più un’ammuina visto che al voto è quasi sicuro che non ci si andrà - significa che la Raggi perde due voti favorevoli e che le due consigliere, qualora fosse, dovranno anche giustificare in modo puntuale il voto in dissenso da se stesse oppure rimanere opportunamente fuori dall’Aula.

Capitolo Vitek. Nei giorni scorsi si è diffusa la notizia di una specie di “dimissione” di Vitek dalla sua azienda, la CPI. In realtà il comunicato aziendale originale parla solo della rinuncia di Vitek e della moglie al ruolo dirigenziale nel board da cui, peraltro, si era già allontanato. Ma rimane proprietario dell’azienda e al timone della stessa. A metà gennaio è stato fissato il preliminare di vendita di Tor di Valle: con il versamento di quei soldi che consentiranno a Parnasi anche di rientrare del pignoramento in atto e di chiudere tutte le pendenze con i creditori, da Papalia agli altri. E per febbraio è prevista la chiusura del tutto con la firma del rogito dal notaio.

Insomma, il Campidoglio grillino ha perso il treno, ma l’avanzamento dell’iter rende Tor di Valle, pur non brillando, ancora in pole position.

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