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Sanremo2023, Fagnani e il siluro a Gratteri nel monologo sul carcere

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«Non tutte le parole sono uguali e non tutte arrivano a noi con facilità. Ci sono parole che per arrivare sul palco di Sanremo devono abbattere cancelli e muri, come queste che arrivano dal carcere minorile di Nisida, da ragazzi che non cercano la nostra pena, perché non saprebbero che farsene». Comincia così il monologo della co-conduttrice della seconda serata dell’edizione del 2023 di Sanremo, Francesca Fagnani, che racconta le storie di giovani che hanno sbagliato ma che vogliono riscattarsi. «Furti, rapine, ma ‘non siamo criminali per sempre’. Alla domanda perché lo hai fatto però, non trovano la risposta. Hanno 15 anni e gli occhi pieni di rabbia, di vuoto, hanno 18 anni e lo sguardo è perso oppure sfidante. La scuola l’hanno abbandonata ma nessuno li ha mai cercati, neanche gli assistenti sociali, che sono troppo pochi per certe periferie. Quando ho intervistato alcuni adulti colpevoli di crimini terribili, e ho chiesto cosa avrebbero cambiato della loro vita, tutti mi hanno risposto ‘sarei andato a scuola’. Lo Stato dovrebbe essere più attraente dell’illegalità. E dovrebbe arrivare in certi contesti non solo con la fondamentale azione repressiva delle forze dell’ordine, ma prima dovrebbe combattere la dispersione scolastica. È una questione di democrazia, di uguaglianza, su cui si fonda la nostra Repubblica». 

 

 

Fagnani sottolinea, parlando dei giovani detenuti: «Il tuo futuro non è irreversibile. Se quando esci da qui rispetti la legge, superi i pregiudizi. Ma se non ce la fai e torni in carcere, quello vero, quello degli adulti, allora sì, è davvero finita. Perché in Italia, tranne qualche eccezione, il carcere serve solo a punire il colpevole, non a rieducare e tantomeno a reinserire nella società. Un autorevole magistrato, che coordina inchieste importanti - ed ecco qui la bordata a Nicola Gratteri, non citato esplicitamente - quest’estate in un’occasione pubblica ha detto ‘sono contrario a uno schiaffo in carcere o in caserma, il detenuto non deve essere toccato nemmeno con un dito’. Sapete perché? Non deve passare per vittima. Ma non è così, non va picchiato perché lo Stato non può applicare le leggi della sopraffazione e della violenza che usano le persone che lei arresta. Se non faremo in modo che chi esce dal carcere sia cambiato, avremo perso tutti». In particolare la giornalista ha ricordato l’articolo 27 della Costituzione, con un esempio finale: uno spacciatore o un ladro che sia, una volta uscito, deve cambiare mestiere.

 

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