"Ciao Maschio". Nunzia De Girolamo torna in tv con il talk che racconta gli uomini
Ciao maschio, ovvero come salvare la virilità senza perdere la tenerezza (come diceva Che Guevara).
Cara Nunzia De Girolamo, torna stasera in seconda serata su Raiuno il tuo programma, e schiere di maschi Alfa cominciano a preoccuparsi. Considerando che nell’omonimo film di Ferreri del ’78, il protagonista Depardieu veniva violentato da femministe, forse la proccupazione un po’ ci sta. O no?
«La nostra è una società un po’ maschilista e reazionaria anche perché di età media alta. L’interessante è vedere sui temi civili la differenza tra generazioni. Per quello voglio inserire nella nuova edizione di "Ciao maschio" un confronto fra sessantenni e trentenni. I quali hanno punti di vista diversissimi perché la società è cambiata grazie alle donne che hanno imposto oramai al maschio un atteggiamento di parità completa sia nell’accudimento dei figli, nella gestione domestica, sul lavoro. È cambiato il mondo perché i figli sono cresciuti da mamme come noi con caratteri forti e autonomi pur nella tradizione, e non come le loro nonne».
Resto preoccupato, scusa.
«Ma non c’è più la sindrome del "maschio Alfa", non devi necessariamente fare il duro senza insicurezze. E, riferendomi alla tua citazione del film di Ferreri, non ho chiamato il programma così per rivalsa femminile, ma proprio per dire “ciao” agli uomini, che voglio accogliere e con cui non cerco la competizione».
Cosa rispondi a chi vede nella teoria del gender un’eccessiva femminilizzazione del maschio? Magari supportata in fascia protetta Rai (come è avvenuto, peraltro)?
«Ogni forma di esagerazione è sbagliata. Con i figli bisogna adottare un atteggiamento liberale, spiegare con garbo le nuove frontiere della sessualità. Il problema sono sempre i genitori, eccessivi in un senso o nell’altro. E, da madre, ho spiegato a mia figlia Gea la fluidità che le può capitare di vedere in fascia protetta, nelle scene cui accennavi. È cambiato il mondo: per corteggiare oggi usano Tinder. Non li puoi fermare».
Non mi starai diventando comunista?
«Assolutamente! Io sono da sempre così: una cattolica che si affida a Dio ma che si batte per le unioni civili e che crede nel magistero di Papa Francesco. E che invita in trasmissione Drusilla e le drag queen. Certo, se poi per “teoria gender” tu intendi che, sulla base del sesso percepito al momento, uno possa sentirsi uomo un minuto e donna l’altro, be’, così no. Così si svilisce anche il sacrificio di chi s’è battuto per anni nel sofferto percorso del cambio di sesso. Capiamoci. Io sono per l’adozione alle coppie gay, ma non per l’utero in affitto; sfatato un pregiudizio, se ne creerebbe un altro».
Sei tra i pochi che non hanno subito l’«effetto-Alberto Castagna»: una volta che ti butti nell’intrattenimento non puoi più tornare indietro. Invece tu, continui ad andare ospitate da Formigli. Come lo spieghi?
«Perché, fondamentalmente, nel pensiero comune io resto un politico. E risulta naturale che io parli di politica, mentre è innaturale che io balli in tv. Anche se, per la verità, l’esperienza a Ballando con le stelle l’ho fatta proprio perché volevo dimostrare di poter cambiare vita, pur sapendo che potevo non tornare indietro. Ho rischiato, è andata bene».
Ma a ballare almeno non ti sei divertita?
«Da morire. Sentivo il bisogno di disintossicarmi. Ho recuperato il sorriso, ho aumentato la popolarità, ho fatto pace con la mia femminilità. Francesco (Boccia, il marito ex ministro, deputato Pd, ndr) mi diceva “devi imparare ad attendere: quello che hai fatto è già un miracolo”».
A proposito. Ti sei lamentata per essere stata ghettizzata, all’inizio, dal mondo dello spettacolo. Ma non è che se sei riuscita a rifarti una vita lo devi a tuo marito e all’ambiente della cultura, che fa molto salotti di sinistra?
«Ma va’. Il matrimonio con Francesco, non ha giovato professionalmente né a me né a lui. Sai quando volte mi sono sentita dire: “non possiamo, tu sei la moglie del ministro”? Ma il ministro l’avevo fatto prima io di lui, e nessuno che a lui avesse fatto sottolineato “ma tu sei il marito della ministra”».
Cosa è successo quando sei uscita dalla politica, così senza un apparente perché?
«Mi sono sentita tradita quando il partito mi ha fatto fuori. E io non ho ricevuto, in cinque anni, una sola telefonata dai colleghi che avevano ruoli di vertice nel mio ex partito. Mi ha chiamato solo Berlusconi, dicendomi che gli dispiaceva che “non doveva succedere”, ma non l’ho mai visto. Mai. Ecco, mi sarebbe piaciuto che quelle cose me le avesse dette guardandomi negli occhi. Ero caduta in un grande buio, ma io non mollo mai’».
Forza Italia ha subito varie perdite, il tempo passa per tutti...
«Il partito è profondamente cambiato. Berlusconi è profondamente cambiato, sarà questione d’età, non so. E ha fatto di tutto per non lasciare un erede, e per vedere morire il partito con lui. E, nessuno lì è riuscito a prendersi il ruolo principale come è stata capace di fare Meloni».
A proposito di donne risolute. Sei laureata in diritto del lavoro, hai un dottorato in diritto commerciale, ma racconti sempre che volevi fare l’avvocato penalista. Perché, alla fine, hai mollato lì il “sogno”?
«Da praticante, mi capitò il caso di un nonno che aveva stuprato la nipotina. Ero disgustata, mi resi conto che non avrei mai potuto essere un buon avvocato difensore».
Immagina di essere un elettore Pd che non sia Boccia. Chi voteresti alle Primarie?
«Se fossi un elettore del Pd probabilmente restituirei la tessera…».