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Allarme Rsa, a Roma e nel Lazio mancano 7mila posti

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Antonio Sbraga
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Oltre all’adeguamento delle tariffe, le 118 Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) del Lazio avrebbero bisogno anche di aumentare gli attuali posti letto, perché la Regione ha «un fabbisogno non coperto stimabile in 7.265 posti, con particolare riferimento alle unità di offerta socioassistenziali sul territorio di Roma Capitale e provincia». A scriverlo è la stessa Regione nel suo nuovo Piano di programmazione dell’assistenza territoriale 2024 - 2026. Nel Lazio, infatti, il fabbisogno complessivo è di 16.585 posti letto stimati a fronte degli attuali 9.320 letti attivi, di cui 8.628 messi a disposizione proprio dalle strutture private accreditate, che però da tempo chiedono l’adeguamento delle tariffe erogate dalla Regione, ferme anche da 17 anni. Ma un adeguamento servirebbe anche per quanto riguarda i posti letto, sia per l’assistenza di tipo semiresidenziale («il fabbisogno non coperto dall’attuale programmazione è pari a 1.305 posti», si legge nel Piano) che per l’assistenza residenziale (servirebbe un incremento «pari a 5.960 posti»).

Però attualmente, oltre alla carenza di letti, tra le principali criticità c’è pure «una distribuzione disomogenea sul territorio regionale dei posti residenziali del setting assistenziale intensivo ed estensivo» in una Regione che si popola sempre più di residenti anziani. Nel Lazio, infatti, negli ultimi dieci anni la percentuale degli over 65 anni è aumentata di quasi tre punti percentuali, passando dal 20,4% del 2013 al 23,1% del 2023. E questo invecchiamento della popolazione ha portato anche a un incremento della prevalenza di patologie croniche, molto spesso coesistenti tra loro. Tant’è che, nel suo Piano, la Regione ha indicato un graduale potenziamento dell’offerta: «Nel triennio 2024-2026 verrà dato corso a una graduale e progressiva attivazione dell’offerta programmata con specifica priorità a riconversioni in unità di offerta che attualmente non soddisfano il fabbisogno e in secondo ordine attraverso nuovi accreditamenti, il tutto nel rispetto dell’equilibrio economico-finanziario». Una postilla che piomba sui conti che già ora non tornano alle strutture private fornitrici della gran parte degli attuali posti letto, come denunciato da Unindustria nel suo Sos lanciato al presidente della Regione, Francesco Rocca. Perché le Rsa non riescono più a far fronte ai sempre maggiori costi operativi e del personale, rischiando di rendere non più sostenibile la gestione di queste strutture che si prendono cura di anziani, portatori di handicap e persone non autosufficienti. La «richiesta di revisione» è stata avanzata da Unindustria proprio per risolvere «la grave situazione in cui versano le Rsa del Lazio per il mancato aggiornamento delle attuali tariffe per i vari livelli assistenziali». Sono ferme da 17 anni per le strutture di livello assistenziale di mantenimento A e B, che infatti hanno ancora «tariffe invariate dal 2007». Ma anche le Rsa di Livello assistenziale intensivo hanno «tariffe invariate dal 2013». Mentre le Rsa di Livello assistenziale estensivo hanno «tariffe invariate dal 2016». Tutte strutture in attesa degli adeguamenti tariffari, dunque, rispettivamente da 17, 11 e otto anni, «determinando una situazione ormai insostenibile - avverte Unindustria - aggravata dall’aumento significativo del costo della vita e dalle pressioni inflazionistiche, con conseguente impatto sui costi di gestione delle strutture, quali ad esempio i costi dell’energia e dei beni e servizi», oltre che del personale.

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