Roma, la Federazione rugby vuole lo Stadio Flaminio: l'impianto è finito nel dimenticatoio
Sull’onda dell’entusiasmo che accompagna il torneo Sei Nazioni, che si sta disputando in questi giorni all’Olimpico, la Federazione italiana rugby lancia una proposta per il recupero dello stadio Flaminio. Ieri infatti il presidente della Fir, Marzio Innocenti, ha incontrato presso la sede dell’Istituto per il credito sportivo i rappresentanti del consorzio per la rigenerazione del Parco Urbano Flaminio. Un incontro nel corso del quale «si è discussa - spiega la federazione rugbistica - la comune volontà del consorzio e della Fir di attivare un tavolo di lavoro congiunto volto a identificare le esigenze federali, nonché a definire strategie idonee ad avviare nel futuro prossimo un processo di rivalorizzazione dello stadio Flaminio, per oltre dieci anni casa della Nazionale italiana rugby». D’altronde, ricorda la Fir, il campo ormai in disuso è stato «teatro di alcune indimenticabili imprese degli Azzurri nel torneo Sei Nazioni, dall’esordio vittorioso sulla Scozia il 5 febbraio 2000 alla vittoria del trofeo Garibaldi contro la Francia nell’ultimo incontro disputato nell’impianto nel marzo 2011».
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È un legame anche affettivo, quindi, quello del rugby con il Flaminio e la «discesa in campo» potrebbe scombinare i piani di un altro grande protagonista dello sport nella Capitale. Il mese scorso infatti il presidente della Ss Lazio, Claudio Lotito, ha annunciato che la società sta lavorando «in silenzio» a un progetto stadio «al quale non si può dire di no». Per il vero il patron biancoceleste, durante l’evento in Campidoglio per i 124 anni della polisportiva a cui era presente anche il sindaco Roberto Gualtieri, non ha mai fatto riferimento esplicito al Flaminio ma tutto lasciava pensare che fosse proprio questo l’impianto a cui la Lazio è interessata. D’altra parte da mesi si parla di un possibile impegno di Lotito per la rinascita della struttura ma un progetto vero e proprio, ha fatto notare più volte il Campidoglio, non è ancora arrivato. Intanto l’assessore allo Sport Alessandro Onorato ha sottolineato che l’impianto fa parte della candidatura della Capitale agli Europei 2032 e che quindi è intenzione del Comune riqualificarlo, anche avviando un confronto con il ministero di Andrea Abodi. In qualche modo, insomma, il Flaminio dovrà tornare a nuova vita. Con o senza la Lazio.
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L’ipotesi di realizzare un impianto da 40-45mila posti, secondo l’assessore Onorato, ha senso infatti solo qualora il club decida di investire, altrimenti «non ha senso che il Comune e lo Stato si avventurino a fare un impianto spropositato rispetto a quella che può essere una struttura di 25-30mila posti massimo». Non solo, a pesare per Onorato sono anche «le norme obsolete che abbiamo in Italia. Chi vuole fare, in maniera onesta, è taglieggiato da infiniti cavilli». Tant’è che per riaprire il Palatiziano dopo sei anni «ci siamo inventati qualsiasi cosa per aggirare norme folli». Tra i nodi da sciogliere c’è quello relativo ai vincoli che proteggono la struttura originale del Flaminio, progettato da Pier Luigi e Antonio Nervi, e che rendono complicato l’adattamento alle esigenze della serie A di calcio. Sarebbe questo infatti uno dei motivi per cui la Lazio finora ha frenato. Adesso però l’annuncio della Federazione rugby potrebbe scombinare le carte in tavola. «Il Flaminio - ha sottolineato ieri il presidente Innocenti - è stato la culla dell’alto livello italiano e una splendida casa per la Nazionale. L’incontro con il consorzio per la rigenerazione del Parco all’interno del quale sorge lo stadio è un primo, importantissimo passo di un percorso che confidiamo possa garantire a questo storico impianto il futuro che merita».
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