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Roma, israeliana accoltellata alla stazione Termini: caccia all'aggressore

Elena Ricci
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Proseguono le indagini della polizia di Stato per dare un nome e un volto all'uomo che la sera del 31 dicembre ha ferito con tre fendenti una turista israeliana di 24 anni, Abigail Dresner, intenta ad acquistare il ticket del treno a una delle biglietterie automatiche all'interno della stazione Termini.

La Procura capitolina ha aperto un fascicolo per tentato omicidio ed è stata esclusa, al momento, la pista del terrorismo. Al vaglio degli investigatori ci sono le immagini delle telecamere a circuito chiuso presenti nello scalo ferroviario e, in particolar modo, un video pubblicato anche in rete che immortala gli attimi in cui l'uomo avvicina e accoltella la ragazza. Il video offre alcuni dettagli dell'aggressore. Si tratta di un uomo alto, non particolarmente robusto, di pelle chiara e vestito di nero. Indossa un cappellino da baseball e regge una busta di plastica di colore azzurro dalla quale estrae il coltello.

Nel video, che segna le ore 21.45 del 31 dicembre, si vede l'uomo giungere alle spalle della 24enne intenta a guardare gli schermi delle biglietterie automatiche, e sferrarle le coltellate. Tre i colpi che hanno raggiunto la ragazza al fianco destro e al torace. Due fendenti hanno colpito il fegato provocando una laceraz i o ne dell'organo; il terzo ha sfiorato un polmone.

La ragazza è ancora ricoverata nel reparto di terapia intensiva del Policlinico Umberto I, in gravi condizioni ma non in pericolo di vita. Anzi, già ieri, è stato registrato un lieve miglioramento. La ragazza, che è stata raggiunta dai familiari, arrivati a Roma da Tel Aviv, ha detto agli inquirenti di non conoscere l'aggressore. La polizia è al lavoro per ricostruire il "prima" dell'accoltellamento ripreso dal video, ossia un possibile diverbio scaturito da una richiesta di denaro dell'uomo o un pedinamento. La vittima ha anche dichiarato di non aver notato nessuno che la stesse pedinando, pertanto le ipotesi al vaglio di chi indaga sono due: l'ira dell'aggressore scaturita dal rifiuto della giovane di elargire denaro in cambio di un aiuto nell'acquisto dei biglietti o un'aggressione immotivata. Di sicuro però, c'è l'intenzionalità. I colpi inferti a organi vitali, denotano l'intenzione di uccidere.

Un giallo su cui gli investigatori stanno cercando di venire a capo. Nel frattempo la vittima ha ricevuto la visita da parte di personale diplomatico dell'ambasciata israeliana, mentre il portavoce del ministero degli esteri Lior Hayat, in una nota, ha dichiarato di «non conoscere lo sfondo dell'aggressione». Benvenuti alla Stazione Termini, luogo di contraddizione per eccellenza della Capitale, in cui il mondo "normale" vissuto da pendolari e turisti si sfiora appena con quello oscuro e disperato popolato da un'umanità alla deriva. Due mondi distanti che a volte però s' incontrano tragicamente, come potrebbe essere accaduto con l'aggressione subita da una ragazza israeliana, accoltellata tre volte difronte alle biglietterie automatiche. Perché qui basta varcare una porta per essere proiettati istantaneamente in un'altra dimensione: è disorientante, inquietante, spesso terrorizzante il passaggio repentino che ti proietta in un momento dalle sfavillanti vetrine natalizie che accendono l'interno della stazione al disperato, degradante, spaventoso scenario che si apre una volta fuori.

Ovunque, a perdita d'occhio, brulicano senzatetto, tossici, borseggiatori o semplicemente gente che non ha di che vivere, gettati su materassi luridi o cartoni fradici, nascosti fin sopra la testa sotto pile di coperte o dentro tende da campeggio. Questa è la Stazione Termini, e non da oggi: una Babele angosciante che si snoda da piazzale dei Cinquecento a via Giolitti, da via Marsala alle Terme di Diocleziano e poi fin verso le Mura Aureliane, fatta di mille etnie diverse, mille lingue diverse, mille modi di sopravvivere, spesso illegali, crudeli, violenti.

Tutto qui è ai margini, tutto è anni luce lontano da quella che si potrebbe definire "normalità", racchiuso in una sorta di mappa del degrado che è insieme umano, urbano, esistenziale: i clochard che dormono sotto la pensilina appena fuori la stazione, gli sbandati che occupano il centro di Piazzale dei Cinquecento e quelli che parlano con i propri fantasmi sulle aiuole delle Terme, i borseggiatori di via Manin e i tossici di viale Luigi Einaudi. Impossibile, quando si passa da queste parti, non provare pena e compassione per questa umanità emarginata; ma è anche impossibile non sentire la paura, l'angoscia e persino il terrore, soprattutto quando cala la notte e la zona diventa terra di nessuno.

Lo sanno bene i pendolari, e ancora meglio lo sanno quelli che intorno alla stazione ci lavorano, costretti a chiudere, come ci hanno raccontato, prima che faccia buio - come nei bar sotto i portici di Via Giolitti - o a lavare ogni santa mattina con litri di sapone la strada fuori al proprio negozio, sommersa dai rifiuti e dagli escrementi lasciati durante la notte. La recente "bonifica" del sottopasso Turbigo e dei così detti "ballatoi" di via Giolitti per anni luogo d'elezione per le attività illegali della zona - sebbene lodevole, in realtà non ha fatto altro che spostare fisicamente il problema un po' più in là: ora i disperati che dormivano nel sottopasso sono andati a formare un esercito di emarginati tra gli emarginati accampato sotto le Mura Aureliane, mentre gli spacciatori e i ricettatori dei ballatoi hanno preso possesso di alcune aree di Piazzale dei Cinquecento, dove continuano a condurre i propri affari. Sullo sfondo di tanto degrado, una politica che da anni dimostra di non avere la più pallida idea di come affrontare questa situazione e più in generale il nodo dell'accoglienza. 

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