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'Ndrangheta, arresti a Roma: pasticcerie e panifici gestiti dai clan

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Ventisei arresti e nuovi sequestri della Dia accendono un nuovo faro sugli affari della 'ndrangheta nella Capitale. L'operazione scattata oggi è una prosecuzione della maxi inchiesta 'Propaggine' che nel maggio scorso aveva colpito il gruppo legato alla famiglia degli Alvaro, originaria di Cosoleto (Reggio Calabria).

Venticinque aziende, per un valore di oltre 100 milioni di euro sono state sequestrate al gruppo il cui scopo, scrivono gli inquirenti, era quello di "acquisire la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori: dall'ittico, alla panificazione, la pasticceria e il ritiro degli olii esausti".

Per accrescere gli affari e ripulire il denaro sporco, facevano "sistematicamente ricorso" a intestazioni a parenti e prestanome. Tra i 26 arrestati (24 in carcere e 2 ai domiciliari), ci sono il boss Vincenzo Alvaro, sua figlia Carmela, e altri elementi di spicco del clan: sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, sequestro di persona e intestazioni fittizie.

Il gruppo usava minacce e intimidazioni per controllare il territorio, investendo in negozi e attività commerciali anche tramite accordi con altre organizzazioni criminali.

Gli inquirenti hanno ricostruito come il clan, dopo aver acquisito le attività, ne puntava anche gli immobili. Compravano, è emerso dalle indagini, grazie a pagamenti dilazionati in centinaia di rate, garantite da cambiali, pagate in contanti o tramite carte prepagate.

Dall'ordinanza del gip Gaspare Sturzo emerge il ruolo dei prestanome impiegati "al fine di non fare emergere la struttura dai 'patti mafiosi' volti a garantire gli accordi imprenditoriali per infiltrare l'economia romana mediante iniziative imprenditoriali dirette e controllate da Vincenzo Alvaro quale 'mente commerciale' della Locale". "Bisogna trovare un polacco, un rumeno, uno zingaro a cui regalare 500-1000 euro - diceva il boss, intercettato - a cui intestare sia le quote sociali e le cose e le mura della società".

L'inchiesta di Dia e Dda con i procuratori aggiunti, Michele Prestipino e Ilaria Calò, nel maggio scorso aveva già portato a 43 misure cautelari in diverse regioni, dal Lazio, alla Lombardia, l'Emilia Romagna, il Piemonte, la Liguria, la Valle d'Aosta. Le indagini sono arrivate fino in Svizzera, Germania, Canada e Australia e hanno messo in luce decine di 'locali' composte da soggetti appartenenti a famiglie di 'ndrangheta originarie di Sinopoli e altri comuni calabresi oltre che, nella Capitale, da alcuni soggetti romani.

"Agire con determinazione contro le aggressioni al tessuto economico e sociale è fondamentale per dare una risposta concreta alle comunità locali", è il commento del ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, che ha ringraziato magistratura e forze di polizia "per l'impegno straordinario che stanno profondendo per prevenire e contrastare le organizzazioni criminali che tentano di occupare zone cittadine e settori imprenditoriali".

 

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