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Roma, smart-working sospeso. Caos negli uffici del Comune per colpa di un ritardo burocratico

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Susanna Novelli
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Niente smart working per i dipendenti capitolini. Il 31 agosto infatti è scaduto il termine che permetteva il lavoro «da remoto» senza contratto individuale. Una scadenza non a caso, considerato che dal primo settembre sarebbe dovuto entrare in vigore il nuovo «Piano operativo per il Lavoro Agile» (Pola) che consente ad ogni datore di lavoro (direttori di municipio, direttori di dipartimento) di procedere secondo le necessità di servizio e stabilire con il dipendente, su base volontaria, il lavoro da remoto attraverso, appunto, un contratto individuale. Secondo le linee guida approvate si può lavorare da casa un giorno a settimana, fino a quattro giorni al mese anche continuativi. L'accordo è stato siglato il 29 luglio ma la giunta ha tardato sia nella sua approvazione finale (il 5 agosto) sia nella sua pubblicazione (il 25 agosto). Un ritardo che ha scatenato il caos, soprattutto a livello municipale dove, di fatto, ognuno adotta misure diverse. Per questo motivo, mercoledì 31 agosto i sindacati hanno chiesto con urgenza e in autotutela «di predisporre tutti gli atti utili a prorogare per tutto il mese di settembre l'attuale regolamentazione dello smart working in tutte le strutture dell'Ente». Lo stesso 31 agosto, una nota del Dipartimento Risorse umane invitava tutti i direttori competenti, centrali e territoriali, «ad avviare con immediatezza le relative procedure» per l'attuazione del «Pola».

 

 

Tutto questo a poche ore dalla scadenza del precedente schema di lavoro e dall'entrata in vigore del nuovo. Un caso «unico», considerato che sia la Regione Lazio, sia la Città Metropolitana (dove il sindaco è sempre Roberto Gualtieri), i nuovi contratti individuali di lavoro agile sono partiti il primo settembre senza alcuna eccezione o riserva. «Si tratta dell'ennesima conferma allarmante di una macchina amministrativa che non funziona - spiega il segretario generale Cisl Fp Roma, Giancarlo Cosentino - e che pure dovrebbe essere pronta alle grandi sfide che la attendono, come il Giubileo e Expo 2030». Non solo forse un ritardo in «buona fede» dovuto alla pausa estiva, ma un meccanismo amministrativo che andrebbe rivisto e corretto proprio in vista degli ingenti investimenti e delle storiche opportunità alle quali la giunta Gualtieri, e la Capitale intera, è chiamata a rispondere. «Sin troppe volte abbiamo denunciato come le decisioni assunte a livello centrale non vengano poi attuate in modo uniforme e anzi, finiscano in una sorta di "zona grigia" - continua Cosentino - dove anche la verifica e il monitoraggio di quanto avviene si perde nei corridoi degli uffici. E questo non riguarda solo il lavoro da remoto ma, ad esempio, anche la Scuola, con un effetto dirompente che crea dipendenti - e cittadini - di serie A o di serie B».

 

 

Ad attendere che ogni singolo dipartimento, centrale e municipale, sia messo in condizioni di stipulare i contratti individuali per lo smart working sono circa novemila dei circa 24mila dipendenti comunali che da giovedì scorso, e verosimilmente da oggi, dovranno comunque rientrare in presenza. E pensare che proprio l'incentivo al lavoro da casa è uno degli strumenti al vaglio non solo del Campidoglio ma dell'intera Pubblica Amministrazione per arginare il caro bollette e istituzionalizzare un modello virtuoso di lavoro con un impatto significativo anche sul traffico cittadino.

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