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Roma, area troppo piccola per l'inceneritore. Roberto Gualtieri si infuria perché non sapeva nulla

Claudio Querques
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Le vie dell'inceneritore romano sono lastricate di buone intenzioni ma soprattutto di ostacoli. Alcuni virtuali, le solite barriere ideologiche di chi vorrebbe lasciare tutto come prima, il «fronte del No», l'ambientalismo più integralista, una parte del mondo sindacale e quel che resta del grillismo in salsa capitolina, (leggasi Virginia Raggi). Altri invece sono problemi veri, cioè di carattere tecnico e logistico che mettono a nudo le presunte o reali inefficienze della macchina comunale. A queste ultime si riferiscono le perplessità insorte in queste ultime ore circa la scelta di collocare il termovalorizzatore nell'area di Santa Palomba, quel lembo di estrema periferia a ridosso del Gra confinante con il comune di Pomezia, aree libere comprese tra il Fosso di Santa Palomba e il Fosso di Santa Procula. Insomma: ecco le prime grane per Gualtieri. Ad occuparsene è Maurizio Pucci, l'ex dg di Ama al quale il Campidoglio ha affidato questa mission delicatissima. Pucci è il signor Wolf delle amministrazioni di centrosinistra. Risolve problemi. È l'uomo che sbrogliò la matassa dell'Auditorium di Renzo Piano, per dirne una. Senonché, un sopralluogo effettuato di recente da una delegazione di tecnici Ama ha riesaminato la scelta. L'area individuata, secondo alcuni, non sarebbe sufficientemente ampia per ospitare il mega impianto in grado di smaltire 600 mila tonnellate di rifiuti l'anno. In base ai primi riscontri servirebbe un'estensione di almeno 12 ettari. Queste vorrebbe dire acquisire terreni privati. Che vuol dire costi aggiuntivi rispetto alla previsione iniziale di 700 milioni e una trattativa che si annuncia complessa.

 

 

Che il cammino sarebbe stato in salita non era difficile prevederlo. Gualtieri, ex ministro all'Economia e parlamentare europeo, non si era fatto illusioni (la vicenda stadio docet). Che ci sarebbero state sollevazioni, comitati del No e via protestando lo aveva messo in conto. Il primo cittadino non poteva immaginare però di lavorare su informazioni che si sarebbero rivelate parzialmente incomplete. Da qui il suo disappunto, se non proprio lo sconcerto di queste ore. «Su Santa Palomba c'è una discussione e una riflessione in corso», è l'unico commento che filtra dall'azienda di via Calderon de la Barca. Bocche chiuse, giacché basterebbe uno spiffero per sollevare un polverone. La scorsa settimana per dire - stava per scoppiare una mezza rivolta quando sui social è apparsa la foto di alcuni operai che effettuavano nella zona carotaggi. I comitati- che ieri l'altro sono stati ricevuti dal presidente del Municipio Titta Di Salvo-si erano già mobilitati per fermare eventuali ruspe. E questo la dice lunga sulle difficoltà che si avranno nella realizzazione di questo impianto fondamentale per assicurare ai romani una gestione meno onerosa e più virtuosa dei loro rifiuti. La protesta è rientrata solo quando si è saputo che quei lavori non riguardavano l'inceneritore ma erano stati commissionati da una ditta di imprenditori cinesi.

 

 

Nessuno sa ancora se c'è un piano B. Si sa però che l'inceneritore di Brescia, il modello che Roma vorrebbe replicare, occupa un'area di 12 ettari ed è in grado di smaltire 500 mila tonnellate l'anno. Per quello romano servirebbe dunque più spazio, considerando l'esigenza di una eventuale discarica di servizio e tutti gli annessi e connessi di una nuova presenza industriale. Trasporto, logistica, servizi. Nell'agosto del 2012 la giunta capitolina aveva approvato il programma integrato «Santa Palomba», su un'area vasta, in parte privata. Nuovi insediamenti residenziali, un piccolo quartiere alla punta estrema della periferia per circa 4000 abitanti. L'inceneritore, realizzato a sud del Comune di Brescia nel 1998, è gestito da A2A. Fornisce energia alla città attraverso una rete di teleriscaldamento. Non è un problema ma una risorsa.

 

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