Roma, viale Marconi vittima di rom e immondizia
Camminando sull’asfalto il silenzio è rotto solo dai bambini degli insediamenti nomadi rimasti che sbucano sullo stradone. Piccolissimi, scaltri a dovere ad adocchiare le borse. Ti girano intorno spediti chiedendo moneta. Al di là del traffico che scorre su viale Marconi, si apre alla vista un luogo affondato nell’incuria. Via della Vasca Navale: l’ennesimo pezzo della Capitale lasciato in balia del degrado, tra i quartieri San Paolo-Marconi e il Tevere. Nonostante l’area di recente sia stata interessata dalla presenza di numerose strutture universitarie, oltre a quella dell’istituto tecnico Rossellini. L’ultimo è l’innovativo edificio che ospita lo studentato di Valco San Paolo di nuovo conio. Le discariche si inseguono sui marciapiedi e negli anfratti, una dopo l’altra. Tra l’erba infestante e le scritte sui muri cadenti, in terra ci sono pensiline di ferro corrose dalla ruggine e tutto intorno rifiuti e rami secchi. Si prosegue, prima dell’incrocio ci imbattiamo in un’altra discarica, di ingombranti e ferrivecchi coperti da lenzuoli. E poi eccone un’altra, corredata da secchioni che esplodono. Osservando le impalcature dei lavori in corso salta all’occhio l’intercapedine divelta da cui affiorano cumuli di sacchi pieni di immondizia su un tripudio di foglie morte. A qualche metro di distanza, è "parcheggiata" una bombola del gas.
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Su via Ageno si affacciano le dimore dei rom. L’area sconta da tempo un’azione di mancato controllo sulla loro quotidianità. Ancora, percorrendo la strada, nel vicolo davanti staziona un camper dissestato. Dinanzi allo spazio Rossellini ci sono giocattoli "alla deriva"; altri bimbi scorrazzano tra i rifiuti. Vicolo Savini, enclave di insediamenti nuovamente "riemersi", accoglie chi passa di lì con la visione di un carrello del supermercato trasformato in pattumiera, stracolmo di ogni cosa, sullo sfondo dei muri imbrattati ce n’è un altro con sopra un tappeto raccattato chissà dove. Poco prima di arrivare all’ex Cinodromo, chiuso 20 anni orsono. La storia dei nomadi, qui prima residenti, è nota: vennero sgomberati e furono collocati «temporaneamente» nel campo di Castel Romano, sorto per l’appunto nel lontano 2005. Oggi alcuni di essi, in diversi agglomerati e sistemazioni regolari o meno di vario genere, vivono sempre nell’area, tra spazi "colonizzati" e altri diventati latrine. Da un lato fioriscono cultura e sperimentazione, dall’altro vanno in scena tristezza e abbandono.