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"Non riaprite le scuole il 7 gennaio". La protesta di cento presidi romani

Valentina Conti
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“E’ molto difficile che si rientri a scuola in presenza, anche se graduale, il 7 gennaio. Sono troppe le criticità e le indicazioni di complessa applicazione che emergono nel piano operativo firmato dal prefetto Piantedosi. Un documento che non dà soluzioni. Se è una questione di data di rientro? No, e nemmeno di percentuali di studenti da far tornare in classe. E’ una questione di orari di ingresso. Quelli proposti non sono compatibili con la scuola”. Mario Rusconi, leader dell’Associazione Nazionale Presidi (ANP) di Roma e Lazio, boccia il rientro sui banchi per gli istituti superiori. “Oltre un centinaio di scuole di Roma e provincia, sulle 210 totali, scriveranno nei prossimi giorni all’Ufficio scolastico regionale per far capire le loro esigenze: abbiamo consigliato ai colleghi in difficoltà di convocare i consigli di istituto, vero organo di governo della scuola”, annuncia a Il Tempo.

“Ho scritto alla ministra Azzolina, al direttore dell’Usr Lazio e al prefetto di Roma. L’unica possibilità - spiega il presidente dei capi di istituto capitolini - è che vengano ridotte le ore a 40-45 minuti, ma poi dovranno essere recuperate da studenti e insegnanti. Va da sé che riaprire in questo modo è impossibile”. E ancora: “Le famiglie sono basite – prosegue Rusconi - non stanno capendo più nulla della situazione. I dirigenti scolastici sono stati esclusi in larga parte dei tavoli prefettizi, così come non sono stati sentiti, ad esempio, i genitori dei ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado. Non si è ascoltata la voce della scuola. A confrontarsi c’erano solo dirigenti degli Usr, ma non chi la scuola la vive ogni giorno. Sui trasporti? Ci hanno detto che saranno aumentate le frequenze, ma uno schema di orario non ce l’hanno dato, un piano nel Lazio sul tpl in tal senso non c’è. Il diritto all’istruzione in salute e sicurezza ci sembra essere in secondo piano”. Per l’adozione delle fasce orarie 8–10, il nodo resta la rimodulazione dell’organizzazione delle lezioni e, conseguentemente, quella dei docenti, che comporta in parecchi casi problemi definiti “irrisolvibili”, poiché molti di essi lavorano su 2 o 3 scuole diverse. Non solo. Per gli allievi degli istituti tecnici e professionali che hanno diverse ore di laboratorio, l’entrata delle 10 prevederà un’uscita tra le 16 e le 17, per cui non arriveranno, nel caso di Roma, a casa prima delle 18. Con evidenti ripercussioni sullo studio. E poi le superiori non hanno mense: i ragazzi consumeranno, dunque, un panino a scuola. “Ma come? Tutti insieme senza mascherina? Sono decisioni pure incompatibili con la fisiologia degli studenti”, osserva Rusconi. Senza parlare della rimodulazione dell’orario anche per il personale scolastico e delle incognite legate al rompicapo del sabato per le scuole che potranno e vorranno utilizzarlo come giorno aggiuntivo di lezione. Un fronte comune sul piano sindacale quello del no al ritorno in presenza il 7 gennaio. In una nota congiunta, le segreterie regionali del comparto scuola (Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda), sottolineando le stesse criticità rimarcate dall’ANP Lazio, esprimono le proprie perplessità, già evidenziate al direttore dell’Usr Pinneri “in ordine al metodo e al merito dei provvedimenti proposti, dissociandosi dalle decisioni assunte”.

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