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Pronto soccorso pieni. Pazienti in ambulanza

Antonio Sbraga
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Continuano incessanti le file delle ambulanze davanti ai Pronto Soccorso in una Regione indicata tra le 7 «in codice rosso» dal Rapporto stilato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute. Ieri pomeriggio si contavano 10 mezzi di soccorso all’ingresso del Policlinico Tor Vergata con i pazienti tenuti a bordo per ore sulle ambulanze trasformate in camere di isolamento per mancanza di spazi. Anche se il sovraffollamento più alto si è registrato all’ospedale Pertini: alle ore 17 c’erano ben 55 «pazienti in attesa di ricovero o trasferimento» su un totale di 81 persone in trattamento. Sul mesto podio anche il Sant’Andrea, con 43 pazienti in attesa di un posto letto sui 75 presenti al Pronto Soccorso e il San Camillo-Forlanini, con 41 in stand-by su 67.

Il Lazio figura al quarto posto fra le 7 Regioni più critiche, quelle che «palesano un aumento dei ricoveri in ospedale e nelle terapie intensive molto sostenuto se confrontato con quello della fase acuta registrata ad aprile: Lazio (ricoveri +1,3 volte rispetto ad aprile, terapie intensive +82%)», sottolinea il Rapporto, che avverte anche Sardegna, Sicilia, Campania, Umbria, Puglia e Basilicata: «È urgente migliorare la tracciatura dei contagi per evitare ulteriori “fughe in avanti” del virus», raccomanda il direttore dell’Osservatorio, Walter Ricciardi. L’ateneo cattolico, con il Rapporto dell’Altems, ha confrontato le singole Regioni: il 1 agosto erano ricoverati 1,24 casi ogni 100.000 abitanti in Italia e il 4 aprile 54,78 casi. Ora l’indice del Lazio è 22,49, inferiore solo a Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta. Mentre «le Regioni con il tasso di saturazione più alto della capacità dei posti letto di terapia intensiva sono: Valle d’Aosta, Sardegna, Umbria, Campania e Lazio». Anche rispetto ai letti di terapia intensiva che sono stati aggiunti per la pandemia «è da attenzionare la situazione del Lazio, della Sicilia e della Puglia che hanno occupato più di due terzi della capacità aggiuntiva: rispettivamente 73%, 69% e 68%».

 

 

Ma ci sono problemi anche per le Unità Speciali di Continuità Assistenziale Regionale (Uscar): «Le Uscar nel Lazio non sono state organizzate in maniera corretta - denuncia il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, Antonio Magi - oggi ci sono delle Uscar che più che altro si stanno interessando dei tamponi, di organizzare azioni immediate per cercare di assistere le persone, ma non in maniera organizzata. Purtroppo continuiamo a vedere la sanità divisa in compartimenti stagni quando invece è composta da equipe che fanno parte di un’unica organizzazione. Ora ci ritroviamo a fare la guerra senza averla programmata: la guerra si prepara durante la pace e non durante la battaglia».
 

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