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Omicidio Willy, caccia alle ragazze della scappatella al cimitero con i fratelli Bianchi

Angela Nicoletti
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Sono sorvegliati a vista 24 ore su 24 i tre presunti assassini di Willy Monteiro. Nel carcere di Rebibbia, infatti, si teme che per i fratelli Marco e Gabriele Bianchi e Mario Pincarelli, possa essere messa in atto qualche vendetta da parte degli altri detenuti. La loro posizione giudiziaria si è aggravata nella giornata di venerdì, quando la Procura ha formulato a carico dei quattro aggressori del 21enne di Paliano (compreso Francesco Belleggia, che ha ottenuto il beneficio dei domiciliari) l'accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. A determinare il passaggio dal reato di omicidio preterintenzionale a uno ancor più grave, è stata la relazione che il medico legale Saverio Potenza ha consegnato al pm di Velletri Luigi Paoletti, titolare delle indagini. 

 

Nella consulenza autoptica, infatti, Potenza ha parlato senza mezzi termini di «colpi assestati e non casuali». Willy, insomma, è deceduto per i violentissimi colpi inferti dagli aggressori che hanno agito - è questa adesso l'ipotesi di chi indaga - con la consapevolezza di provocare lesioni mortali. Per questo i carabinieri della compagnia di Colleferro continueranno ad ascoltare i testimoni della tragica serata. Non è escluso che gli investigatori possano sentire anche le tre ragazze con le quali i fratelli Bianchi e un loro amico hanno detto di aver avuto un rapporto sessuale nei pressi del cimitero di Colleferro poco prima della rissa. Sono stati proprio Marco e Gabriele Bianchi a raccontare al gip che si erano allontanati dal pub di Colleferro, dove avevano trascorso la serata con altri amici, per appartarsi con le ragazze, di cui hanno detto di non ricordare i nomi. La difesa dei Bianchi ha messo a disposizione della procura di Velletri 5 nomi di testimoni che avrebbero assistito alle varie fasi dell'aggressione culminata con l'omicidio di Willy. Tra queste ci sarebbe anche Omar S., il giovane che nelle ore successive ai fatti ha pubblicato su Facebook, per poi cancellarli, due post in cui si diceva pronto a raccontare «la verità».

 

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