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Chi vuole fermare Giorgia Meloni. Indagata per il caso Almasri: "Non sono ricattabile"
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La premier in un video: «Non sono ricattabile. Non mi faccio intimidire». Ma l'Anm prova a frenare: «È solo un atto dovuto dopo la denuncia»
Giorgia Meloni è stata raggiunta da una comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati per peculato e favoreggiamento in relazione al rimpatrio del generale libico Najem Osama Almasri. E lo fa sapere con un video dove mostra le accuse recapitate dal procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi «lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini», sottolinea la premier. L’avviso è stato inviato anche ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano.
«Non sono ricattabile» tuona Meloni ricorrendo a una frase che aveva già usato in passato. Almeno due volte, la prima per rispondere a Silvio Berlusconi che in Senato nell’ottobre del 2022 era stato immortalato mentre appuntava la sua personale descrizione di Giorgia Meloni «supponente, prepotente, arrogante e ridicola». Parole a cui lei replicò con un secco: «Ne manca una, non sono ricattabile». Espressione che tornò a usare anche in occasione della conferenza stampa di fine anno, il 5 gennaio 2024, per parlare di «qualcuno che in questa nazione ha pensato di poter dare le carte».
Un atto dovuto quello del procuratore Lo Voi anche alla luce della denuncia presentata dall’avvocato Luigi Ligotti «ex politico di sinistra» , in realtà ha anche un passato nell’Msi e in An, che è stato sottosegretario alla Giustizia dal 2006 al 2008, «molto vicino a Romano Prodi» e «conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi» ha ricordato Meloni. Una denuncia che Ligotti aveva anticipato il 23 gennaio chiedendo che sulla vicenda Almasri «vengano svolte specifiche indagini». La tesi dell’ex sottosegretario del governo Prodi è che Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano si siano macchiati del reato di favoreggiamento personale e peculato. «Il reato di favoreggiamento personale viene commesso da chiunque aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti» ha spiegato Ligotti.
Mentre il reato di peculato si sarebbe configurato «per l’utilizzo di un aereo di Stato italiano per riportare il comandante libico nel suo Paese» ha concluso l’avvocato. L’Anm ha fatto sapere in una nota che «la disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinchè questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati».
La premier nel video ripercorre la vicenda del generale libico. «I fatti sono abbastanza noti. La Corte Penale Internazionale dopo mesi di riflessione emette un mandato di arresto internazionale nei confronti del capo dlela polizia giudiziaria di Tripoli. Curiosamente la Corte lo fa proprio quando questa persona stava per entrare nel territorio italiano dopo che aveva serenamente soggiornato per circa 12 giorni in altri tre Stati europei» ha ricordato Meloni. La richiesta di arresto della Corte penale internazionale «non è stata trasmessa al Ministero italiano della Giustizia, come invece è previsto dalla legge, e per questo la Corte d’Appello di Roma decide di non procedere alla convalida». A questo punto il «piuttosto che lasciarlo libero noi decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza con un volo apposito come accade in altri casi analoghi» rivendica la premier.
A questo punto Meloni chiude il video con un messaggio che sembra diretto a una parte della magistratura. «Io penso che valga oggi quello che valeva ieri, non sono ricattabile, non mi faccio intimidire, è possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore. Intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani soprattutto quando in gioco la sicurezza della Nazione a testa alta e senza paura». E c’è già chi invoca alla riforma della Giustizia.
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