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Caso Almasri, Schlein e Conte all'attacco ma Calenda si smarca: "Surreale, solo in Italia"
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Elly Schlein, nel tentativo di ridurre il distacco va in scia con la Procura di Roma. E sfrutta l’iscrizione nel registro degli indagati della presidente del Consiglio per risalire la china. O almeno ci prova, della serie «tentar non nuoce». «Le questioni giudiziarie non attengono al nostro lavoro, ma è sul piano politico che insistiamo dall'inizio chiedendo a Giorgia Meloni di non nascondersi dietro ai suoi ministri», dice la segretaria Pd. Ed aggiunge: “venga lei domani in Aula per chiarire al Paese per quale motivo il governo ha scelto di riaccompagnare a casa un torturatore libico per il quale la Corte penale internazionale aveva spiccato un mandato di arresto».
Una versione, per una volta, assecondata anche dal quasi amico del M5S, Giuseppe Conte. Che detta alle agenzie: «Il Governo ha combinato un grave disastro politico, mettendo in fila menzogne e versioni diverse, senza spiegarci davvero perché hanno imbarcato a nostre spese e con tutti gli onori su un volo di Stato un criminale libico anziché consegnarlo alla Corte penale internazionale». Per lui «da Meloni sempre e solo complottismo e vittimismo». Incredibilmente Matteo Renzi sfrutta lo stesso canovaccio dell’avvocato di Volturara Appula, della serie strane alchimie: «Ho l’impressione che Giorgia Meloni voglia cavalcare questo avviso di garanzia - che è un atto dovuto - per alimentare il suo naturale vittimismo». Poi il leader di Italia Viva si riprende: «Dal punto di vista giudiziario, non mi esprimo. Non tocca a me giudicare e sono sinceramente garantista. Quindi non faremo a Giorgia Meloni quello che lei ha fatto a noi e alle nostre famiglie». Arriva però la nota stonata del campo largo e la voce è quella di Carlo Calenda. Parole del leader di Azione: «Su Almasri il governo italiano ha combinato un disastro, raccontando un mare di balle agli italiani. Dopodiché che un Presidente del Consiglio venga indagato per un atto che risponde evidentemente ad una «ragione di Stato» (mai ammessa) è surreale e non accadrebbe in nessun altro paese occidentale. Si saldano così due errori e si riacutizza lo scontro tra poteri dello Stato. Non un bello spettacolo».
Al Nazareno la linea è quella dettata dalla segretaria, nessun dubbio, bisogna sfruttare l’assist giudiziario. Così Debora Serracchiani, responsabile giustizia ed ex Presidente del Friuli Venezia Giulia: «Le responsabilità politiche del governo e della Presidente del Consiglio sono evidenti. Per questo ci aspettiamo che domani in Aula chiariscano ogni aspetto di questa vicenda». È soprattutto a Montecitorio che il clima si surriscalda, con il leader di Avs Nicola Fratoianni che riferisce degli avvisi di garanzia («era evidente che non si trattava di un cavillo...», dice in emiciclo) mentre il centrodestra protesta. Il suo gemello, Angelo Bonelli, si traveste da "Torquemada" de noantri: «La premier Giorgia Meloni la smetta di fare la vittima, invocando ancora una volta nemici immaginari utili solo ad alimentare la propaganda: il governo ha violato la legge». E prosegue sullo stesso ritmo: «E a lei che dice di non essere ricattabile, rispondo che è ricattabile dai libici! La decisione del governo di rilasciare e rimandare in Libia il criminale Almasri, noto torturatore, stupratore, anche di bambini, un assassino e trafficante di esseri umani».
Dal panorama "giustizialista" del centrosinistra, oltre a Calenda, si distingue il Presidente della Fondazione Einaudi Giuseppe Benedetto, che mette in relazione la prima lettura della riforma sulla separazione delle carriere dei magistrati (licenziata dalla Camera lo scorso 16 gennaio) all’avviso di garanzia alla premier, ai ministri dell’interno e della giustizia ed al sottosegretario Alfredo Mantovano, arrivato dodici giorni dopo. «Toh chi lo avrebbe detto», conclude amaramente l’avvocato liberale. Una vicinanza di date sospetta, anche per la deputata di Forza Italia Isabella De Monte: «Altro che tirare i dadi, qui sembra che nulla sia lasciato al caso». O come dice il forzista Enrico Costa: «Lo spot più riuscito per la separazione delle carriere». Con il contributo determinante del campo largo.
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