Abedini, l'ennesima follia della sinistra. Bonelli: "Meloni come Craxi"
Siamo alla fantapolitica: è tornato a Teheran Mohammad Abedini Najafabadi, il trentottenne ingegnere arrestato in Italia dagli Stati Uniti e rilasciato ieri dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Su di lui pendeva dal 13 dicembre il mandato di arresto ai fini di estradizione, richiesta formalizzata dagli Stati Uniti, ma Nordio ha fatto sapere che i reati di cui lui è accusato «non trovano corrispondenza» nell’ordinamento italiano per cui «non ci sono le condizioni per l’estradizione negli Usa». Stiamo parlando dell’uomo presumibilmente collegato alla vicenda di Cecilia Sala, la giornalista tenuta prigioniera nel carcere di Evin, sotto il regime teocratico dell’Iran, e rilasciata grazie all’azione del Governo Meloni e della nostra intelligence in un tempo record, soli 21 giorni. Fin dall’inizio si era parlato di un presunto accordo per riavere la Sala dando in cambio all’Iran «l'uomo dei droni».
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Bene, tutti giustamente volevano la liberazione e il ritorno in patria della giornalista, nonostante i volti noti dell’opposizione, fossero scettici sulla tempistica dell’operazione. Ma, raggiunto l’obiettivo, a che cosa potevano attaccarsi? Allo «scambio» che secondo loro sarebbe avvenuto. E tra loro c’è Angelo Bonelli, AVS, che in una nota scrive: «Giorgia Meloni avrebbe dovuto essere più chiara nelle sue comunicazioni e dire agli italiani che il governo aveva concordato questo percorso. Unica osservazione. Una volta le decisioni per difendere gli interessi nazionali le prendevamo in autonomia, nel rispetto della sovranità nazionale: oggi chiediamo il permesso ad altri paesi esteri, in questo caso agli Usa, facendoci rimpiangere Craxi ai tempi di Sigonella del lontano 1985».
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Scusi, Bonelli, ma forse non ricorda che Craxi ha dato dimostrazione di grande forza anche davanti a una potenza come quella degli Stati Uniti, nel panorama di un’attività politica in cui quella estera ha da sempre occupata per lui uno spazio prioritario. Craxi voleva che l’Italia esercitasse una maggiore influenza nello scacchiere internazionale, e ce l’ha fatta. Poi ci può spiegare come avrebbe agito da solo in questo caso, visto che si tratta di diplomazia internazionale? Diplomazia per definizione antitetica rispetto all’agire in solitaria. Prima del rilascio di Cecilia, Riccardo Magi, segretario di Più Europa, aveva detto: «Chiediamo al governo e alle istituzioni europee di vigilare e fare tutto il possibile per riportare quanto prima Cecilia a casa».
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E tutto è stato fatto, ora non vediamo cosa possano avere da ridire. «La vita di una giornalista italiana non vale meno di quella di un americano. La premier ha scelto di non riceverci. Peccato, un’occasione persa per l’Italia», aveva detto Renzi nella lettera inviata a La Verità, ma quello che appare oggi è che noi come Patria ci abbiamo solo che guadagnato, sia fattivamente che in termini di visibilità. E che dire di Elly Schlein secondo cui «Ormai è chiaro che Meloni ha esaurito la sua spinta, naviga a vista senza una rotta, galleggia senza una visione. Anche loro sono divisi, ma hanno il collante del potere»? Non servono commenti per spiegare come l’unità nazionale auspicabile in un caso come questo, in cui tutti avremmo dovuto avere un unico fine, si sia sgretolato davanti all’innegabile successo di una destra compatta.