Paesi sicuri, decide Giorgia: la Cassazione manda in tilt la sinistra
La valutazione dei Paesi sicuri spetta al governo che ha il potere di stilare un elenco degli Stati verso i quali rimpatriare, con procedura accelerata, un migrante. Una lista che non può essere messa in discussione da alcun magistrato. È quanto stabilito dalla Cassazione. Vengono zittiti così quei compagni che, fino a qualche giorno fa, avevano brindato per l’intervento a gamba tesa delle toghe capitoline sul contrasto all’immigrazione irregolare. Valgono più di mille parole, infatti, le motivazioni contenute in un’ordinanza interlocutoria, pubblicata nella giornata di ieri e arrivata in seguito ai ricorsi presentati dall’esecutivo di Palazzo Chigi su quanto deciso dal tribunale di Roma lo scorso 18 ottobre: «Il giudice della convalida, garante, nell’esame del singolo caso, dell’effettività del diritto fondamentale alla libertà personale - viene spiegato nelle 35 pagine del documento - non si sostituisce nella valutazione che spetta, in generale, soltanto al ministro degli Affari esteri e agli altri ministri che intervengono in sede di concerto».
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Uno step a favore della maggioranza. E ora, dunque, la palla passa direttamente alla Corte Europea, la cui sentenza è attesa il prossimo 25 febbraio. Detto ciò, il caso specifico su cui si è espressa la Suprema Corte, ovvero quello di un migrante egiziano il cui trattanimento in un centro in Albania non era stato convalidato, è più di un semplice segnale su come rispetto a tale vicenda probabilmente abbia prevalso la politica sulla risoluzione della crisi. La decisione della Corte Suprema, nel frattempo, non sorprende il partito della premier. Per la responsabile del Dipartimento immigrazione di Fratelli d’Italia Sara Kelany «non poteva andare diversamente», considerando che sono state rispettate dalla Cassazione pienamente le normative continentali: «Spero che oggi si avrà il coraggio di ammettere che le decisioni di alcuni magistrati italiani sono state frutto di preconcetti ideologici». Secondo il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove, in questo modo, viene posta «una pietra tombale sulle speranze immigrazioniste della sinistra. Il modello Albania, studiato e apprezzato in tutta Europa e contrastato solo da una parte politica è pienamente legittimo. Ora procederemo più speditamente di prima nel contrasto all’immigrazione irregolare e all’ignobile tratta di esseri umani lungo il nostro Mediterraneo. Come sempre, chi abbaia alla luna o smette o diventa afono, ma non cambia il verso della storia».
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Non basta, comunque, neanche il chiarimento da parte della Prima Sezione a fermare le dure critiche delle opposizioni in Aula. Antonio Nicita, vicepresidente del gruppo Pd a Palazzo Madama, continua ad accusare la destra di «non riuscire a comprendere le sentenze». Secondo Pierfrancesco Majorino, responsabile del Nazareno per quanto concerne le politiche migratorie nella segreteria nazionale del Partito Democratico, la maggioranza addirittura trasformerebbe la realtà. A fare chiarezza sul caso, però, è Salvatore Cassese, docente dell’Università di Enna, che ai taccuini di LaPresse, spiega come tale ordinanza, pur non essendo una sentenza, chiarisce come la Cassazione «non condivide l’orientamento del tribunale di Roma, secondo cui un Paese non può considerarsi sicuro anche in presenza di eccezioni di carattere personale. Si tratta, infatti, di una specificazione ulteriore che non trova riscontro nella sentenza della Corte di giustizia UE che si era limitata a considerare un Paese non sicuro soltanto in riferimento ad esclusioni territoriali».