Pd, Schlein accerchiata tra grillini e nuovo Centro. Le rimane solo Renzi
Divisi su tutto, gli alleati del Pd hanno un unico punto di contatto. Sfidare Elly Schlein, o ancora più precisamente accerchiarla. La convergenza ha un suono dolce: primarie di coalizione, vediamo chi ha più voti per indossare la fascia di capitano. Un po’ come avvenne nel 2012 quando Matteo Renzi le impose ad un riluttante Pier Luigi Bersani, ed ai gazebo si contarono il segretario del Pd, il leader della Leopolda, il numero uno di Sel Nichi Vendola, oltre a Laura Puppato e Bruno Tabacci. Allora la spallata non riuscì, ma Renzi prese comunque il volo ed alla fine mandò fuori strada l’ex ministro. Più di un decennio dopo, Giuseppe Conte, Romano Prodi, Ernesto Maria Ruffini e persino Giuseppe Sala, hanno tutto l’interesse di mettere sotto scacco il Pd ed imporgli la «verifica». Un rischio che la segretaria con le sneakers, conosce fin nei minimi dettagli.
Il Pd si attacca al minutaggio della Rai: “Verificheremo quanto hanno fatto vedere Meloni”
Il suo lunghissimo sermone (80 minuti di relazione) all’assemblea nazionale di sabato, serviva a dare qualche risposta in codice. Del tipo: noi siamo una forza popolare, senza il consenso del Pd non andate da nessuna parte. Tutte valutazioni corrette, reali, il problema è che Elly Schlein sa anche qual è il limite vero del Nazareno. E quello che si continua a dire dentro il Pd ed ai suoi margini. Ovvero che la segretaria è «unfit», che non ha le caratteristiche giuste per essere la candidata Presidente. Per un semplice motivo: perché Elly non potrebbe essere poi Presidente del Consiglio. Un po’ per il curriculum: nessuna esperienza di amministrazione dello Stato, un approccio ai problemi di tipo più declamatorio che concreto. Tanto «brava e cara», più adatta a manifestazioni di piazza, magari insieme a Maurizio Landini. Il Pd poi è un partito ramificato e complesso: all’interno delle correnti ci sono gli amici dei 5 Stelle (Laura Boldrini, Roberto Speranza ed Arturo Scotto) ed il centro nevralgico con cattolici e liberaldemocratici (Lorenzo Guerini, Alfredo Bazoli, Pina Picierno). Per dire che la segretaria, in caso di primarie, non metterebbe la mano sul fuoco sulle «quinte» colonne. Quelli che non resisterebbero al canto delle «Sirene», d’altra parte tra i dem non girano tanti «Ulisse». Così i competitor della segretaria prevedono di poter contare su diverse zone grigie all’interno della «grande forza popolare», simpatizzanti in ombra.
“Li stimo, ma...”. Gentiloni tiene alla larga Sala e Ruffini, nel Pd hanno già paura
Il confronto è un’evidenza per il M5S, i «progressisti indipendenti» sono nati per distinguersi dal capofila, «non saremo mai cespuglio e junior partner di nessuno», più chiaro di così Giuseppe Conte, da Atreju, non poteva essere. È che anche nel nascituro Centro, addirittura a prescindere da chi vincerà il «reality show» (tra i tanti pretendenti), i ragionamenti che si fanno sono molto simili. «Inutile fare il cespuglio, se poi il Pd conferma di essere il Partito radicale che vuole Elly», spiega a microfono spento uno che sta lavorando a testa bassa sulla nuova Margherita, «il nostro alfiere deve essere talmente riconosciuto da essere in grado di prendere la leadership della coalizione». Il tempo ci sarebbe, nel 2012 Matteo Renzi era sindaco di Firenze ed organizzatore di un raduno di mille giovani. Ed in due anni riuscì a diventare Presidente del Consiglio. Lo stesso Romano Prodi, nel 1995, era un nome conosciuto solo all’interno di una stretta cerchia dell’apparato statale. Ragionamenti che fanno gli amici di mister Fisco, pensando che Ernesto Maria Ruffini avrebbe ancora il tempo per fare la scalata, a patto di non fare altri errori. E per mandare Elly Schlein nelle retrovie. Come? Con primarie da organizzare nell’autunno del 2026. Una proposta che il leader del M5S, metterà sul tavolo molto presto, «se ci volete alleati, si fa così». L’unico «leale» al momento è il fondatore di Italia Viva, «Elly Schlein ha tutto il diritto di fare la capitana». Insomma la segretaria può stare «serena».
Conte torna grillino e protesta per gli aumenti agli stipendi dei ministri