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Ruffini stoppato anche da Sala. E a sinistra è già tutti contro tutti

Mira Brunello
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La sensazione è che la grande sorpresa stia già evaporando. Sommersa dai troppi passi falsi consumati nell’ultima settimana. L’apparizione in un convegno alla Lumsa, il tam tam sul nuovo "federatore", le improvvise dimissioni dall’Agenzia delle entrate. All’insaputa dei suoi stessi sodali, avvertiti solo a cose fatte la sera prima. La tabella di marcia stabilita per Ernesto Maria Ruffini era un’altra: un sapiente dosaggio di uscite pubbliche, l’addio all’incarico a fine anno, poi il tour nel Paese per rievocare il pullman del Professore bolognese, la canzone popolare. Alla fine, invece, è prevalsa la smania di occupare uno spazio politico, l’inesperienza, l’approccio un po’ naif del tributarista. Fatto sta che ora si contano più detrattori che simpatizzanti, oltre alla diffidenza di chi teme di perdere ruolo. Ruffini incassa anche l’ironia di Giuseppe Conte che da Atreju parla di opere ingegneristiche: «la sensazione è che sia una di quelle operazioni nate a tavolino dal Pd». Se doveva essere la nuova Margherita, l’inizio non è stato travolgente. Il tema però, il nuovo cespuglio centrista, resta di assoluta importanza per il Pd, che non riesce ad attrarre il voto moderato.

 

 

 

Così gli aspiranti protagonisti continuano ad affollare il palcoscenico, sperando di essere ingaggiati. Come il primo cittadino di Milano Giuseppe Sala che ieri, ad una iniziativa di Azione, ha provato a riepilogare i passaggi necessari per affrontare il mare aperto: «Chi può pensare di appartenere a un’area liberal democratica è in grado di fare una proposta al Paese che abbia senso. So che non succederà, ma credo sia veramente necessario lasciare da parte i nomi e pensare ai programmi. Ci sono questioni come la sanità, lo sviluppo industriale del Paese, i trasporti, che meritano un approfondimento e un pensiero diverso». Anche Matteo Renzi si spende sull’argomento: «Al centro vedo dello spazio politico che guarda a sinistra, parafrasando indegnamente De Gasperi. Io non so cosa abbia in testa Ruffini. Non metto casacche addosso a nessuno, ma non metto neppure veti. Il federatore del centro, chiunque sarà, nei prossimi mesi dovrà convincere le persone che oggi votano Forza Italia».

 

 

 

Il partito di Tajani, però, si sente al sicuro da incursioni: «Nel campo largo ci sono più “leader” centristi che voti: Renzi, Calenda, Sala, Ruffini, Tabacci, Magi, Bonino. Forza Italia è l’unico vero ed affidabile partito centrale e centrista del panorama politico e si appresta a diventare la dimora dei moderati e dei liberali italiani», dice il sottosegretario azzurro Tullio Ferrante. Azione si chiama fuori dal totonomi, «costruiamo un programma per il Paese fatto di idee sostenibili altrimenti non partecipo ad una discussione che fa male anche a noi», spiega Matteo Richetti. Intanto c’è chi, come il deputato di Più Europa Benedetto della Vedova propone di fare da soli: «il tema del federatore si pone perché noi non abbiamo avuto la capacità e il coraggio, oltre che l'intelligenza di autofederarci perché altrimenti questa discussione non esisterebbe». Insomma il cespuglio fai da te.

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