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8 marzo, furia di islamici e "femministe al contrario" contro i manifesti di Ceccardi

Christian Campigli 
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La verità fa male, lo sai, cantava nel lontano 1966 Caterina Caselli. Un'espressione diventata di uso comune, che cade come un vestito sartoriale sull'incredibile vicenda dei 150 manifesti voluti da Susanna Ceccardi. E con i quali l'europarlamentare della Lega ha letteralmente tappezzato Roma. Un grido di allarme per la condizione, troppo spesso di inferiorità, nella quale le donne musulmane sono costrette a vivere. Anche nel nostro Paese. Un'affissione nella quale si vede una donna con il niqab e la scritta in arabo e in italiano "in Europa hai gli stessi diritti di tuo marito" e "8 marzo festa di tutte le donne".

Un messaggio, come era prevedibile, volutamente distorto dall'Islam, femministe e dai nipotini di Carlo Marx. Il Consiglio degli ambasciatori della Lega araba in Italia ha infatti protestato. "La Lega ha lanciato un messaggio che contiene implicazioni fallaci riguardo i diritti delle donne nel mondo arabo, e incarna e suggerisce un'immagine totalmente errata e distorta delle donne arabe. Il manifesto lede e offende la dignità delle donne arabe e mina le basi del rispetto e della reciproca convivenza fra le diverse culture, caratteristica della società italiana. Senza dimenticare che c'è un evidente sminuimento e discriminazione nei confronti di ogni donna araba, e di fatto sembra esserci un invito per le donne a lasciare il mondo arabo per l'Europa". Ma non basta. Durante il corteo di "Non una di meno",  a Roma sono stati imbrattati i manifestati con della vernice fucsia. Alcune manifestanti hanno invece coperto il manifesto affiggendone altri due in solidarietà alle donne palestinesi e la scritta 'free palestine'. 
 

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