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Reddito, per Conte non ha creato "divanisti". Ma i dati sono un disastro

Christian Campigli
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La granitica convinzione di aver reso un grande servizio al Paese. E di aver creato, insieme a Luigi Di Maio, lo strumento efficace per sconfiggere, per sempre, la povertà. Giuseppe Conte, in una lunga intervista a La Stampa, torna sull’amato reddito di cittadinanza. E commenta i dati pubblicati pochi giorni fa dall’Osservatorio Inps. Ma alla comprensibile (dal suo punto di vista) difesa d’ufficio del sussidio di Stato, l’avvocato del popolo aggiunge alcune considerazioni. La prima riguarda la stretta attualità. «L’Italia è l’unico Paese in Europa che non ha una misura universale di contrasto alla povertà». Una posizione assai discutibile, visto che l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha messo in campo i denari necessari per finanziare l’assegno di inclusione. Un soluzione che, ovviamente, il leader grillino non può non conoscere. E così, l’uomo dei dpcm, cerca di aggiustare il tiro: «Ha un’applicazione molto limitata». Il paradosso però viene superato quando l’ex presidente del Consiglio sostiene che «anche sui presunti divanisti hanno raccontato un sacco di balle».

 

 

I numeri, mai come in questo caso, sono davvero impietosi. È sufficiente ricordare come le persone che hanno trovato un lavoro con i cosiddetti «contratti incentivati», dal 2019 al 2023, per merito del reddito di cittadinanza, siano state poco più di 1.500. Una cifra che certifica il fallimento di una misura diventata, di fatto, esclusivamente una mancetta di Stato. Perché, è bene ricordarlo, i grillini avevano presentato il reddito di cittadinanza come uno strumento indispensabile per porre definitivo rimedio all'annoso problema della disoccupazione. In particolar modo al Sud. Conte, nella sua analisi, non dedica la doverosa attenzione ad un passaggio: il mancato incrocio tra domanda ed offerta di posti di lavoro.

 

 

E che dire del "cervellone" informatico promosso dall’ex presidente Anpal Mimmo Parisi e mai entrato a sistema. O dei Puc, progetti di utilità collettiva che i Comuni avrebbero dovuto attivare per coinvolgere i percettori, messi in campo solo in piccolissima percentuale e i centri per l’impiego, la cui annunciata rivoluzione non è mai stata portata a termine. E, dulcis in fundo, come dimenticare le migliaia di truffe. Anche in questo caso, i numeri sono inopinabili: in questi tre anni e mezzo sono stati 54.108 gli interventi di controllo della Guardia di Finanza, che hanno accertato 45.524 interventi irregolari. I furbetti denunciati sono stati 48.392 e oltre 505 i milioni di euro (dato di agosto scorso) indebitamente percepiti.

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