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Il Pd legalizza gli antagonisti che assaltano i cantieri Tav: caos sul centro sociale

Dario Martini
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Chi ha seguito le proteste in Val di Susa negli ultimi anni conosce bene chi sono gli antagonisti di Askatasuna, protagonisti più volte anche di manifestazioni e scontri a Torino. Un problema che il Comune, guidato dal sindaco del Pd Stefano Lo Russo, intende risolvere legalizzando l’occupazione dell’immobile di via Regina Margherita 47, "ostaggio" del centro sociale da 27 anni. Una ricetta, come si legge nella proposta di un comitato di cittadini fatta sua dalla giunta Dem, all’insegna dell’«antifascismo, antirazzismo, antisessismo ed ecologia». Il centrodestra insorge, con la vicecapogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera Augusta Montaruli che annuncia un’interrogazione al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e un referendum cittadino «contro questo progetto vergognoso». Fermo restando che le responsabilità penali sono individuali e bisogna sempre aspettare il terzo grado di giudizio, occorre ricordare qualche fatto di cronaca per comprendere la preoccupazione del centrodestra.

 

 

L’11 dicembre la polizia insieme a vigili del fuoco, Asl e ispettori Spresal, su mandato della Procura, ha fatto una perquisizione nell’immobile al termine della quale sono state denunciate dieci persone per occupazione abusiva. Pochi mesi prima la Digos di Torino ha notificato sei misure cautelari ai leader del centro sociale per associazione a delinquere. Per gli inquirenti sarebbero diversi i tentativi di egemonizzare il movimento No Tav della Val di Susa, di infiltrarsi tra gli ambientalisti di Fridays for Future, e di aiutare i migranti in cambio dell’adesione ideologica alle iniziative del gruppo. Ma ci sarebbe anche la presunta aggressione di un nigeriano perché non pagava 60 euro di affitto. Un mese fa sono state depositate le motivazioni di una sentenza relativa a un processo in corso nel capoluogo piemontese: la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di due imputati di Askatasuna contro la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. La Suprema Corte scrive che tra gli attivisti del centro sociale ce ne sono alcuni che coltivano propositi di «lotta armata» attraverso la «preordinata provocazione di contrasti con le forze dell’ordine». Questo è il quadro nel quale arriva la delibera, approvata ieri dalla giunta comunale di Torino, con cui si intende avviare la co-progettazione per l’utilizzo dell’immobile. Questa «co-progettazione», nell’ambito del Regolamento dei beni comuni, spiega il sindaco, «è un processo partecipato e aperto, l’immobile rimarrà in disponibilità della città e verrà gestito in partenariato con i cittadini, attraverso un percorso comune fondato su due condizioni imprescindibili, ovvero il rilascio da parte delle persone attualmente presenti e le opportune verifiche di sicurezza all’interno della struttura».

 

 

La condizione è che gli occupanti escano di spontanea volontà per permettere un’ispezione ed eventuali lavori di messa in sicurezza. Il primo cittadino Dem non dice chiaramente che Askatsuna tornerà a gestire l’edificio, ma la strada è quella. I promotori della proposta, infatti, vogliono valorizzare proprio le attività che oggi porta avanti il centro sociale, come la «palestra popolare» con corsi di boxe e thai boxe. Il sindaco garantisce che sarà garantita la «non violenza», e aggiunge: «Siamo consapevoli della portata politica della nostra decisione, se ci saranno episodi violenti la collaborazione sarà interrotta». Uno dei promotori di questa iniziativa, lo psichiatra Ugo Zamburru, nelle settimane scorse spiegava: «Ci sono delle esperienze da salvare. Ed esperienze comuni da tutelare. Ci sono un sacco di cose che hanno un peso per la città, e una grande importanza sociale». Intanto, l’assessore regionale alla Sicurezza Fabrizio Ricca della Lega ha chiesto un incontro con Piantedosi: «Concedere l’Askatasuna ai suoi occupanti, mascherando l’operazione da "patto per la regolarizzazione" è un’operazione che getta fango sulle divise della città. L’immobile va sgomberato». Preoccupazione espressa anche da Stefano Paoloni, segretario generale del sindaco di polizia Sap, secondo il quale «legalizzare l’Askatasuna rappresenta la morte della giustizia sociale e il trionfo dell’illegalità».

 

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