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Meloni contro tutti, così morde le opposizioni: "Ereditati solo disastri"

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Punge tutti e non arretra di un millimetro. Anche su Stellantis o sugli attacchi ai media, che continua a rimbrottare per la loro narrazione. Giorgia Meloni nell’arena della Camera per il ’premier timè ne ha per il leader del M5S Giuseppe Conte, da lui «ereditati solo disastri» accusa, e per Elly Schlein e l’odiata sinistra: «vi fidate di noi, visto che ci chiedete di risolvere problemi creati da voi». Difende il suo operato e l’operato del suo governo, rivendica un cambio di passo nelle politiche sul Mezzogiorno: Sud «mai tradito, numeri e fatti sono più forti delle polemiche», dice mentre continuano gli attacchi frontali sull’Autonomia voluta dalla Lega. E ancora: ’scudà l’operato del governo nei rapporti con l’Europa, nell’approccio sulla sanità e sulle privatizzazioni, sul cambio di passo impresso mandando in pensione il reddito di cittadinanza, «perché se non vuoi lavorare - tuona scaldando il ring per il match con Conte- non fai il mantenuto di Stato». Arriva qualche minuto in anticipo e dribbla i cronisti. I commessi chiudono le porte a vetro del lungo corridoio che conduce all’Aula, il suo passaggio è blindatissimo in entrata e resta tale in uscita, con il capo ufficio stampa di Palazzo Chigi Fabrizio Alfano e la fedelissima Patrizia Scurti che quasi la ’scortanò. Si parte dal Medio Oriente, dove ammette di pensarla diversamente da Benjamin Netanyahu sulla soluzione dei due popoli e due Stati. Ma invita a smetterla con l’ambiguità su Israele, «sempre più diffusa in Occidente», e annuncia il lavoro del governo italiano per «curare minori palestinesi nei nostri ospedali». Ma è con l’interrogazione successiva che l’aria si fa più frizzante, perché Azione le chiede di Stellantis e Meloni non mostra ripensamenti sull’affondo dei giorni scorsi, affondo che ha finito per indispettire anche i vertici aziendali. «Il Gruppo automobilistico Fiat e i marchi italiani collegati rappresentano una parte importante della storia industriale nazionale. È un patrimonio che merita la massima attenzione e penso che questo significhi anche avere il coraggio di criticare alcune scelte che sono state fatte dalla proprietà e dal management del Gruppo quando sono state distanti dagli interessi italiani», compresa la nascita stessa di Stellantis che «celava - per Meloni - un’acquisizione francese dello storico gruppo italiano». Ora l’obiettivo è «tornare a produrre un milione di veicoli l’anno con chi vuole investire davvero sulla storica eccellenza italiana»: «se si vuole vendere un’auto sul mercato mondiale pubblicizzandola come gioiello italiano, allora quell’auto deve essere prodotta in Italia». La difesa degli interessi italiani è il leitmotiv dei suoi interventi di risposta a ben dieci interrogazioni. La Lega serve un assist sul decreto legislativo atteso domani in Cdm sugli anziani, «bisogna dire no alla cultura dello scarto che a volte sembra sopraffare, gli anziani sono 14 milioni e rappresentano una ricchezza per il Paese», il governo indirizzerà loro «risorse per oltre 1 miliardo di euro», dice Meloni, mentre il capogruppo del Carroccio Riccardo Molinari incassa e ringrazia, ma nella replica torna a sollevare il tema delle pensioni e la battaglia per ’quota 41’. Sulle privatizzazioni la premier torna a ribadire l’obiettivo dei 20 miliardi in 3 anni, «è alla nostra portata» assicura per poi attaccare a muso duro l’opposizione: «noi l’Italia non la svendiamo, siamo lontani anni luce delle regalie del passato», con doni «a qualche fortunato e bene inserito imprenditore, come si fece con gli oligarchi russi dopo l’Unione sovietica...». Sulle stragi naziste «gli indennizzi sono doverosi, da parte del governo -dice puntando il dito contro alcune ricostruzioni - non ci sono intenti dilatori del governo», ma «semplicemente l’avvocatura di Stato fa il suo lavoro» perché «è giusto ci sia contraddittorio». Ma è con Conte e Schlein che si toglie tutti i sassolini dalla scarpa, tanto da indurre a fine seduta il leader del M5S a dire ai cronisti: «parla più da leader di opposizione, non trovate?». Al presidente dei pentastellati, che le rimprovera una debacle in Europa sul nuovo patto di stabilità, risponde dura che i nuovi paletti decisi a Bruxelles superano «le regole irrealistiche» del passato, scritte all’insegna di un’«austerità cieca» e il merito va «anche all’Italia». «Se noi, nonostante l’eredità pessima» dei governi Conte «siamo riusciti comunque a portare a casa un buon compromesso» sul nuovo Patto di stabilità «è perché in quest’anno di governo abbiamo dimostrato che la stagione dei soldi gettati al vento per pagarsi le campagne elettorali è finita», l’affondo di Meloni, a cui segue la replica durissima dell’ex premier che le dà del «Re Mida al contrario» invitandola a lavorare meno «per il bene dell’Italia», «ha ragione, su questo ha ragione...», bisbiglia Meloni ai suoi mal celando un certo nervosismo.

A Elly Schlein che le ricorda lo stato comatoso in cui versa la sanità italiana, con i pazienti oncologici costretti a sperare che le liste d’attesa non siano più lunghe di quel che resta loro da vivere, Meloni replica come la situazione con cui il governo si trova «a fare i conti si è stratificata negli ultimi 14 anni» e «considero una implicita attestazione di stima il fatto che oggi chiediate a noi di risolvere tutti i problemi che voi non avete risolto nei 10 anni in cui siete stati al governo. Grazie per fidarvi di noi e grazie per fidarvi di questo governo». Dunque illustra la politica sanitaria che ha in mente, a partire dallo stop ai medici ’gettonisti: «un problema di cui questo governo si è occupato dall’inizio del suo insediamento», un «fenomeno odioso su cui siamo intervenuti» e che «puntiamo ad azzerare». «Non non ci siamo tirati indietro neanche sul problema della carenza di personale e sulla necessità di aumentare gli organici nelle strutture sanitarie... - rivendica Meloni - Ci stiamo occupando e ci occuperemo anche di questa eredità pesante, compreso il superamento del tetto di spesa, un obiettivo che contiamo di raggiungere quanto prima compatibilmente con gli impegni di finanza pubblica». Ma la segretaria dem non ci sta e tra le due sono scintille. «Non esiste nessuna destra sociale - l’attacca Schlein - questa è una destra letale sul diritto alla salute. E sulla sanità lei è la regina dei tagli», affonda mentre Meloni scuota platealmente la testa. La leader del Pd esce dall’Aula con aria soddisfatta, mentre Meloni si allontana dalla Camera alla velocità della luce per far ritorno a Palazzo Chigi, sul tavolo carte, dossier e nodi da sbrogliare. Lo scontro a Montecitorio è già alle spalle ed è solo l’antipasto di quel che verrà. Per le portate più gustose c’è da attendere il ’duellò tv che le vedrà l’una contro l’altra.

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