Giorgia Meloni alla sinistra: "Finito l'amichettismo, adesso le do io le carte"
Giorgia Meloni, intervistata a Quarta Repubblica, interviene sulla querelle del nuovo direttore generale della fondazione Teatro di Roma. «Adesso le do io le carte, nel senso che le danno gli italiani. L’Italia è una Nazione nella quale vige l’amichettismo, ci sono questi circoli di amichettisti dove c’è un indotto. È finito quel tempo, com’è finito il tempo in cui per arrivare da qualche parte serviva la tessera di partito, questo è il tempo del merito» ha tuonato il presidente del Consiglio. «Per questo fanno casino al Teatro di Roma ma lì è stata nominata una persona che ha un curriculum di ferro, non ha tessere di partito, non ha la tessera di Fdi e qual è lo scandalo? Che non ha la tessera del Pd. Questo è il problema», ha aggiunto.
Durante l’intervista Meloni ha parlato anche di privatizzazioni. Ricavare 20 miliardi in 3 anni dalle privatizzazioni è un «lavoro che si può fare con serietà» cedendo «alcune quote di società pubbliche senza compromettere il controllo pubblico, e su alcune società interamente di proprietà dello Stato possiamo cedere quote di minoranza a dei privati». Le Ferrovie, ha precisato, «è uno dei dossier sul tavolo» e «lo Stato mantiene sempre il controllo quando il controllo è fondamentale». Sottolineando che dal suo punto di vista «privatizzazioni non è fare regali a qualche imprenditore fortunato e amico», Meloni si è tolta qualche sassolino dalla scarpa, rispondendo agli Elkann: «Mi ha fatto un pò sorridere l’accusa arrivata da Repubblica, con una prima pagina sull’Italia "in vendita". Che questa accusa mi arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi, hanno trasferito all’estero sede legale e sede fiscale, hanno messo in vendita i siti delle nostre storiche aziende italiane... non so se il titolo fosse un’autobiografia però, francamente, le lezioni di tutela di italianità da questi pulpiti anche no».Alla domanda del conduttore Nicola Porro se si è pentita delle parole pronunciate su Chiara Ferragni, Meloni ha risposto: «Non sono pentita, ma mi è dispiaciuto che siano state lette come uno scontro.
Io stavo dicendo una cosa in realtà in positivo verso le persone che producono un’eccellenza, che noi vediamo attraverso gli influencer dando più peso a chi la "indossa" rispetto a chi la produce. È la sinistra ha osservato Meloni - che si è sbracciata, manco avessi attaccato Che Guevara, come ho detto nella conferenza di fine anno. Sono loro che hanno creato il caso io non volevo creare un caso». Ma «quello che mi interessa di questa vicenda è che ha fatto vedere che effettivamente c’è un buco, per quanto riguarda la trasparenza, nella normativa delle attività commerciali che hanno anche uno scopo benefico. Voluto o non voluto è una cosa nella quale si può incappare. Quindi noi adesso stiamo facendo una norma che dice che per le attività commerciali che hanno anche uno scopo benefico sulla confezione di quello che vendi devi specificare a chi vanno le risorse, quante risorse vanno» in beneficenza.
«È una norma sulla trasparenza a cui sto lavorando e che arriverà nel Consiglio dei ministri di giovedì». Elezioni europee: «Quante probabilità ci sono che io mi candidi? oggi sono al 50%», ha risposto Meloni. «Vediamo, vediamo - ha poi aggiunto- penso che deciderò all’ultimo, quando si formano le liste. Si figuri se non considero importante misurarmi con il consenso dei cittadini. È l’unico elemento che conta per me. I cittadini che dovessero votare per una Meloni che si candida in Europa sanno che non ci va, ciò non toglie che se vogliano confermare o non confermare un consenso, anche quella è democrazia. Per me potrebbe essere importante verificare se ho ancora quel consenso». La missione Ue nel Mar Rosso, ha proseguito, «è prevalentemente di politica di difesa. Da lì transita il 15% del commercio mondiale e impedire il passaggio delle merci significa un aumento dei prezzi spropositato.