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Da Beatrice Venezi al Teatro di Roma, le nomine scandalizzano solo quando a farle è la destra

Edoardo Romagnoli
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I governi di ogni colore lottizzano il Paese. Una sorta di Manuale Cencelli applicato a tutto ciò che concerne col potere, non solo a livello politico ma anche mediatico e culturale perché come diceva Andreotti «governare è soprattutto nominare». Un malvezzo che dovrebbe essere superato ma che nessuno ha mai avuto la volontà e l’interesse di farlo. E così anche il governo Meloni al momento di dover fare delle nomine non si è tirato indietro. E se durante i governi di centrosinistra il centrodestra gridava alla lottizzazione ora i ruoli si sono invertiti.

Primo capitolo: la Rai. Anche qui è doverosa una premessa. L’ex presidente Rai Roberto Zaccaria qualche tempo fa sottolineò come la presenza della politica nella tv pubblica sia una colpa di cui sia la destra che la sinistra si devono fare carico. Zaccaria ha ricordato come sia stato Renzi a consegnare nelle mani proprie e in quelle dei suoi successori il potere assoluto del governo sulla Rai, cioè su un bene comune che i partiti non dovrebbero nemmeno sfiorare. E lo avrebbe fatto rivedendo la legge Gasparri.

 

 

Detto ciò quando il governo ha cambiato i vertici mettendo come amministratore delegato Roberto Sergio e Giampaolo Rossi come direttore generale si è sollevato un polverone. Polemiche a cui rispose direttamente il premier ricordando come «durante il governo Draghi l'unica opposizione» che «non era presente nel Cda» era proprio FdI «e non ho sentito parlare di regime. Le accuse di TeleMeloni da una sinistra che con il 18% dei consensi esprimeva il 70% delle posizioni in Rai non stanno in piedi, semmai stiamo facendo un riequilibrio rispetto a quegli anni. Per un giornalista Rai intervenuto ad Atreju sono state chieste le dimissioni perché ha criticata Elly Schlein. Sono stata criticata da giornalisti Rai per una vita, bene così, chiunque critica un esponente politico si deve dimettere?».

 

 

Polemiche anche per la nomina del generale Giuseppe Zafarana come presidente Eni, per Fabrizio D’Ascenzo all’Inail e Gabriele Fava all’Inps. Superfluo dirlo ma i nuovi nominati prendono il posto dei vecchi nominati quindi non si capisce bene dove sarebbe lo scandalo se non in un meccanismo di nomine che la politica dovrebbe lasciare ad altri. Ma non è finita qui. Da qualche tempo è stata presa di mira una direttrice, lei preferisce direttore, d’orchestra Beatrice Venezi. La sua colpa? Essere un’estimatrice di Giorgia Meloni ed essere stata nominata consigliere per la musica dal ministro della Cultura Gennario Sangiuliano. Una polemica che oltrepassò i confini nazionali con una contestazione a Nizza durante il concerto di Capodanno in cui la fischiarono. In sua difesa arrivò anche un insospettabile come Alessandra Gasmann che su X scrisse: «Penso che fischiare un artista di valore, del quale non condividiamo il pensiero politico, sia anti democratico». E come non ricordare la contestazione al Salone internazionale del libro di Torino nei confronti della ministra per le Pari opportunità e la famiglia Eugenia Roccella.

Invitata per presentare il suo libro «Una famiglia radicale» non riuscì a concludere il suo intervento per le contestazioni degli attivisti di Extinction rebellion e le attiviste di Non una di meno. Un’azione di disturbo che Nicola Lagioia, all’epoca direttore della manifestazione, non riuscì a fermare. C’è un concetto che i democratici dovrebbero riprendere in mano. La democrazia non è ciò che ci piace, la democrazia è il comando (kraté)E del popolo (dêmos). La nostra democrazia rappresentativa presuppone che col voto i cittadini scelgono chi dovrà compiere scelte per conto loro. Quindi davanti a un governo democraticamente eletto perché gridare al fascismo? Perché fare polemiche su un meccanismo che ha coinvolto tutti? Come diceva la scrittrice inglese Evelyn Beatrice Hall, e non Voltaire, «I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it». Tradotto: «Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo». Una citazione che, anche se falsamente attribuita a Voltaire, è stata usata e riusata. Ma tra i tanti ricordo una intervista del Presidente della Repubblica Sandro Pertini uno che i fascisti, quelli veri, li aveva combattuti veramente. 

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