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Ritiro in Umbria, tra Schlein e i disertori a Gubbio le comiche dem

Edoardo Romagnoli
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Dal seminario del Pd organizzato a Gubbio per fare il punto sui vari dossier da affrontare non sembra essere uscito niente di rilevante. C’è da chiedersi se siano stati molto bravi a mantenere la riservatezza o se, in fondo, non siano arrivati a un granché. Eppure i temi sul tavolo erano tanti, dall’Ucraina all’abuso d’ufficio passando per l’autonomia e le Europee. E i panel avevano titoli roboanti come «Dove va il mondo fra guerra e pace» o anche «Un patto tra generi e generazioni, un’altra idea di futuro». Cosa è emerso da tutto ciò? Poco o nulla. Qualcuno ha timidamente confessato che il seminario, nel monastero umbro del ’600, è stato utile per «fare squadra».

Anche se i «dissidenti» sono rimasti tali e non si sono fatti vedere, come Lorenzo Guerini, tornato a Lodi per la festa patronale, Enrico Letta, impegnato in una trasferta in Europa, e Paola De Micheli. Nel frattempo 26 democratiche hanno inviato una lettera a Schlein per sconsigliarle, le ennesime a farlo, di candidarsi in tutti i collegi per le Europee. La segretaria è arrivata solo ieri mattina perché la sera prima era andata a vedere «Kripton» un documentario del regista Francesco Munzi sulla salute mentale. Perdendosi il viaggio di quasi tre ore che giovedì ha portato tutto il resto della compagine a Gubbio fra canti, una playlist tutta italiana a cura del deputato Toni Ricciardi, e balli, si racconta di una Cecilia Guerra che balla da seduta «W la mamma» di Edoardo Bennato.

L’unico che non ha apprezzato il clima da gita scolastica è Federico Fornaro che appena sceso dal bus ha confidato ai giornalisti di «aver dormito tutto il tempo». Ricciardi il deputato improvvisato dj ha spiegato: «Abbiamo fatto tutti la playlist canzoni italiane riflessive. Perdere l’amore è stato il punto massimo. Poi Guccini, canzoni politiche, Bella Ciao, la canzone popolare. Come si concilia Guccini con l’hotel a quattro stelle? È stata montata la panna, una maionese impazzita. È una struttura normalissima dove si è discusso. Se l’avessimo fatta nel centro sociale o in una trattoria ci sarebbero state polemiche lo stesso. Serve capire le riflessioni e i contenuti delle riflessioni». Schlein dal palco mette subito le cose in chiaro: «La Spa è chiusa e i giornali di destra dovranno parlare di contenuti. Penso che nessuno di noi abbia portato né il costume né la pistola e mi raccomando nessuno rubi quadri o fermi treni». Vista la chiusura della Spa hanno ripiegato sugli scacchi e sul biliardo, come ha raccontato Nico Stumpo.

Schlein ce l’ha anche con Meloni che secondo la dem «ha superato Berlusconi» negli attacchi a Report che ricordano «l’editto bulgaro». Ma andiamo ai contenuti. Sulla guerra in Ucraina il Pd continuerà «a insistere con il supporto a Kiev senza ambiguità ma serve un ruolo politico e diplomatico più forte dell’Europa». Mentre sul Medio Oriente: «Dobbiamo porci la questione di evitare di alimentare questi conflitti, di evitare l’invio di armi e l’esportazione di armi verso i conflitti, verso il conflitto in Medio Oriente, in particolare in questo caso ad Israele. Perché non si può rischiare chele armi vengano utilizzate per commettere quelli che si possano configurare come crimini di guerra». Sulle politiche del lavoro la leader dem ripropone un vecchio cavallo di battaglia condiviso con Giuseppe Conte: la riduzione dell’orario di lavoro. Secondo Schlein «alcune aziende ci stanno provando perché stanno scoprendo che c’è convenienza». Guerra anche all’autonomia differenziata. «Non parliamo di autonomia, ma di un tentativo di secessione, dobbiamo fare una campagna da nord a sud per contrastare quella riforma che spacca un Paese già troppo diviso. L’autonomia scritta da Calderoli è senza risorse, crea cittadini di serie A e di serie B. È legata al premierato che stravolge la forma di Repubblica parlamentare, indebolisce il Parlamento e i poteri del Presidente della Repubblica. C’è stato un baratto indecente fra Lega e FdI». Ultimo capitolo: la candidatura della segretaria alle Europee. «Non c’è nessuna novità. Resta l’ultima cosa. Prima il progetto, poi la squadra e per ultimo (la decisione sulla mia candidatura, ndr.)». In pieno stile Pd c’è stato anche il tempo per l’autocritica affidata però a due interventi esterni: quello della giornalista Francesca Mannocchi e della politologa Nadia Urbinati. La prima ha ricordato alla platea dem gli accordi con la Libia siglati al tempo del governo Gentiloni. La seconda ha illustrato come «le politiche di deregolamentazione del lavoro» volute dal Pd siano una delle cause che sono alla base della perdita di voti del partito.

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