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Caso Apostolico, la Procura archivia: nessun dossieraggio. L'ossessione della sinistra per Salvini

Christian Campigli 
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Una nuova, pesantissima porta in faccia. Il nulla cosmico trasformato in politica. Una sorta di record, quello che sta collezionando la sinistra italiana. Perché serve del talento per riuscire a non azzeccarne mai una. Nemmeno per sbaglio. L'ennesima dimostrazione di un'opposizione eretta sulla panna montata arriva dall'archiviazione del cosiddetto caso Apostolico. Non vi è stato nessun dossieraggio sul video che ritrae il giudice originario di Cassino partecipare col marito alla manifestazione al porto di Catania nell'agosto del 2018, per chiedere lo sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti. Le riprese, e questo è il punto centrale del pronunciamento di ieri, non arrivavano da archivi delle forze dell'ordine, né da alcuna banca riservata. È questa la conclusione della Procura di Catania, che ha chiuso l'inchiesta aperta novanta giorni fa. Il procedimento è stato archiviato perché «il fatto non costituisce reato visto che non si tratta di immagini prelevate da archivi delle forze dell'ordine».

 

Secondo quanto emerso dagli accertamenti, il video sarebbe stato girato, con il suo telefonino privato, e non per motivi di servizio, da un carabiniere in servizio quel giorno. Il militare lo diffuse successivamente in una chat privata. Quelle immagini non uscirono dagli archivi di Stato. Nessun fantomatico servizio segreto deviato ha consegnato quel girato al ministro Salvini, il primo che lo diffuse tramite i social. Niente Spectre, in sostanza. «Dopo settimane di fango e insinuazioni, emerge che il famoso video che immortalava un giudice di Catania in piazza con l'estrema sinistra contro Matteo Salvini non era frutto di dossieraggio – si legge in una nota della Lega- Ennesimo capolavoro dei media di sinistra, ovvero la maggioranza dei media italiani, che avevano sollevato un polverone per attaccare Salvini e nascondere la notizia di una giudice in mezzo a una folla che insultava le forze dell'ordine».

Sul tema è intervenuto anche il capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia, Tommaso Foti. «L'archiviazione da parte della Procura di Catania del procedimento volto a verificare l'esistenza di un ipotetico dossieraggio nei confronti del giudice Apostolico conferma quanto avevamo da subito detto: altro non era che il misero tentativo, privo di contenuto alcuno, per cercare di sviare l'attenzione dell'opinione pubblica legittimamente stupita e indignata per l'atteggiamento assunto dal predetto giudice nel corso di una manifestazione pubblica. Una tempesta in un bicchiere d'acqua sollevata dalle opposizioni di sinistra per nascondere il cuore della vicenda: la partecipazione del giudice a una manifestazione che contestava l'operato di quello Stato per cui lo stesso prestava e presta servizio. Fallito anche miseramente il tentativo di Pd e Movimento Cinque Stelle, in particolare, di screditaSettembre In una sentenza il giudice Iolanda Apostolico disapplicò il decreto Cutro re l'operato delle forze dell'ordine che erano in servizio, addebitando alle stesse comportamenti anomali e alle quali come Fratelli d'Italia ribadiamo il massimo sostegno: a loro le opposizioni dovrebbero rivolgere le proprie scuse».

 

Per ricordare il casus belli è necessario fare un passo indietro di circa tre mesi. Era il 30 settembre quando il giudice del tribunale di Catania, Iolanda Apostolico, disappicò il cosiddetto decreto Cutro e accolse il ricorso di un migrante tunisino, sbarcato il 20 settembre a Lampedusa e portato nel nuovo centro di Pozzallo. Una vicenda che sollevò subito un vespaio di polemiche, che divennero ancora più accese dopo la pubblicazione di un video che ritraeva il togato partecipare ad una manifestazione del 2018, in cui l’estrema sinistra chiedeva lo sbarco dei migranti dalla nave Diciotti. La Lega chiese immediatamente le dimissioni di Iolanda Apostolico, sollevando il dubbio che, nella sentenza del 30 settembre, fosse mancato il principio della imparzialità. La sinistra, come da prassi, la difese a spada tratta e puntò il dito contro quello che i dem definirono «dossieraggio di Stato». Un'esplicazione smentita prima dalla logica, ora anche dalla magistratura stessa. 

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