Sinistra a pezzi: tutti i malumori nel Pd su Schlein. “Il vero leader è Conte”
Caro direttore, il Conte povero, federatore del Pd: è lui il vero incubo della principessa Schlein. Per tale ragione, la segretaria multigender del Pd ha trovato nella monogender Meloni un'alleata insperata. Le due leader della politica italiana hanno stretto un tacito patto tra gentildonne per arginare la resurrezione dell’avvocato di Volturara Apulia. Schlein vuole guidare l’opposizione escludendo il grillino, mentre Meloni vuole evitare il confronto con il Movimento 5Stelle. La premier è consapevole di essere più abile di Elly su ogni piano e, proprio per questo, preferisce fronteggiarsi con lei anziché dover fare i conti con Conte, che ormai il curriculum vitae se l’è fatto davvero, rivelandosi un po’ Azzeccagarbugli, un po’ don Abbondio, un po’ don Rodrigo. Una miscellanea di maschere che ricordano quelle che il grande Alberto Sordi portò sullo schermo, a cominciare dal commendatore Nardi. Il funambolico ex avvocato del popolo si sta imponendo come il politico più apprezzato dopo la premier. Un miracolo vederlo oggi barricadero e più pasionario di Che Guevara, proprio lui, cresciuto genuflesso all’ombra dei suoi grandi mentori, il cardinal Achille Silvestrini e il professor Guido Alpa. Con la Schlein in caduta libera, che difficilmente farà raggiungere al Pd il 20 per cento alle Europee di giugno, l’attivismo di Conte paga. E, infatti, sta trovando sponde, anche a sinistra.
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I maggiorenti sanno che, per sperare in una possibile rielezione, devono puntare su un leader forte, che oggi il Pd non ha. Oltre a Nicola Zingaretti, il primo a pronosticare per lui «un punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste», Roberto Speranza e Andrea Orlando, Conte ha intrecciato amichevoli rapporti trasversali con Gianni Letta, Enrico Gasbarra, quest’ultimo un ponte sicuro tra cattolici e progressisti, e con Maria Elena Boschi, che gli organizzò, in tempi andati, una cena con Matteo Renzi, giovane sindaco di Firenze. Senza contare i suoi due estimatori storici, Massimo D’Alema e Goffredo Bettini che sta svernando, as usual, in Thailandia. Trova altresì credito presso personaggi come Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri, che oggi lo considerano l’unico spendibile su temi a loro cari, dal salario minimo ai mutui, passando per il caro affitti. Ormai chi vota a sinistra punta su di lui e, tra l’altro, in base a sondaggi e rilevazioni, il M5S è il partito più votato dalle nuove generazioni, nonostante la Schlein sia la leader politica più giovane. Conte, che gode pure di appoggi negli apparati dello Stato e in Vaticano, e una linea diretta con la Rai sta giocando una partita importante in vista delle Europee e sa bene che il vero «boost» glielo può dare Alessandra Todde, ex sottosegretaria del Conte 2 e viceministro nel governo Draghi, oggi candidata per il centrosinistra in Sardegna alle elezioni regionali del 25 febbraio prossimo. Giuseppi l’ha imposta al Pd ed è convinto che la vittoria della Todde possa fargli da volano per le Europee nonostante ci sia in gara anche l’ex democratico Renato Soru, la cui candidatura è sostenuta da una coalizione di moderati e da Rifondazione comunista. Il solito destino tafazziano della sinistra divisa che finisce per fare un favore al centrodestra. La Todde - stimata a sinistra e molto temuta a destra - sta conducendo una campagna elettorale dinamica. Sarebbe la prima donna a guidare la Sardegna e la prima 5Stelle a fare la governatrice e, per Conte, una rivincita su Matteo Salvini: FdI, infatti, dà per certo che il candidato della coalizione di maggioranza sarà Paolo Truzzu e non l’uscente Christian Solinas, come desidera il capo della Lega.
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Mentre Salvini rimugina il da farsi, un’altra partita rischia di complicare la vita a Conte ed è l'operazione che stanno mettendo in piedi Alessandro Di Battista e Virginia Raggi. I due ormai si sentono quotidianamente e Di Battista sembra abbia intenzione di trasformare la sua associazione in un partito per presentarsi alle prossime elezioni in tandem con la Raggi. Per correre ai ripari, Conte vorrebbe a tutti i costi riportare «Dibba» a Strasburgo con il Movimento 5S in quanto teme che l’operazione con Virginia possa sottrarre voti al partito, ben sapendo che non potrà contare sull'appoggio di Beppe Grillo, che è ormai un generale stipendiato senza esercito, né su quello di Casaleggio junior, quasi un mini pensionato della rete. La linea di Di Battista-Raggi sarà semplice: «mai col Pd». Insomma, torneranno ad essere quelli del «no», mentre l’ex premier ha da tempo ben compreso che, per tornare a Palazzo Chigi, ha bisogno di alleati. Accanto all’intramontabile Rocco Casalino e a Chiara Appendino, volto che rassicura la borghesia, sono in ascesa tra i grillini il social media manager Dario Adamo e la fedelissima Maria Chiara Ricciuti. C’è infine un terzo nodo da sciogliere per Conte: garantire delle posizioni a quelle meteore che, senza di lui, oggi sarebbero «in mezzo a una strada», come Paola Taverna o Roberto Fico. L'ultimo dei favori dispensati è stato quello di far assumere come capo ufficio stampa dell’Anm l'ex portavoce di Fico, Carlo Passarello: è stato ingaggiato con l'obiettivo di avere un grillino a guidare la comunicazione dei magistrati in un momento in cui il rapporto tra governo e magistratura è diventato una guerra. Tra tutti questi riposizionamenti, a nessuno conviene lasciare spazi vuoti che una vecchia volpe come Matteo Renzi è in ogni momento pronto a riempire. Guai ai vinti!
Il duello tv Meloni-Schlein è un problema per Conte