Caso appalti Anas, Salvini dice basta: con Francesca Verdini promettono querele
È determinato, pronto ad intraprendere azioni legali per difendere la sua reputazione e quella della sua compagna. Matteo Salvini non ci sta più a farsi tirare impropriamente per la giacchetta dalla sinistra, sempre pronta a guardare la pagliuzza nell’occhio dell’avversario e mai la trave che è nel suo. E così da alcuni giorni i partiti di opposizione, in particolare il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico, chiedono come un martello pneumatico che il ministro dei Trasporti e segretario della Lega, Matteo Salvini, riferisca in parlamento a proposito del cosiddetto "caso Verdini". In estrema sintesi, parliamo di un’indagine della procura di Roma su presunte irregolarità nelle commesse Anas, in cui sarebbero implicati Tommaso Verdini, Denis Verdini (ex parlamentare e padre di Tommaso e di Francesca, la compagna del vicepremier) e altri. «Ora basta, da oggi partono le querele. Io e Francesca coinvolti senza motivo» è lo sfogo di Salvini. Che ricorda di avere «l’onore e l’onere di prendermi responsabilità delicate, sempre in totale autonomia, nell’esclusivo interesse dell’Italia per promuovere lo sblocco, l’accelerazione e la progettazione di opere pubbliche ferme da anni ed essere coinvolto a sproposito in vicende di cui non so nulla non è più tollerabile».
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È opportuno ricordare che l’inchiesta fa riferimento a fatti accaduti ancor prima che il capo del Carroccio divenisse ministro del governo Meloni e con la quale lo stesso Salvini non ha nulla a che fare. Cosa dovrebbe riferire allora al parlamento, il vicepremier? L’unica "colpa" del Capitano sarebbe quella di avere per compagna la sorella di Tommaso, nonché figlia di Denis Verdini. Ovvero, soggetti sotto inchiesta e a cui la Procura di Roma contesta i reati di corruzione e turbativa d’asta in concorso. Fermo restando che la legge italiana si basa sul concetto di responsabilità individuale e la presunzione di innocenza, che richiede prove concrete per dimostrare la colpevolezza di una persona in relazione a un crimine o a comportamenti illegali, il fatto che qualcuno sia imparentato con un individuo coinvolto in presunte attività illegali, va da sé che non implica nessuna sua colpevolezza o responsabilità.
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Eloquenti le dichiarazioni di Giorgia Meloni: «Penso che sulla questione bisogna attendere il lavoro della magistratura, gli sviluppi, se necessario bisogna commentare quello e non i teoremi – puntella la premier -. Le intercettazioni fanno riferimento al precedente governo: Salvini non viene chiamato in causa e quindi non ritengo che Salvini debba riferire in Aula su questa materia». In ogni caso, per Meloni è «un errore trasformare un caso come questo in un caso politico. L’unica tessera presa da Tommaso Verdini è quella del Pd, ma nessuno di noi ha detto che il Pd era coinvolto». Insomma, nonostante il polverone sollevato dalle opposizioni per il governo non c’è una "questione morale": l’indagine non coinvolge Salvini ed è iniziata molto prima dell’insediamento dell’attuale esecutivo. Il vicepremier, infine, ha dichiarato di essere pronto a devolvere in beneficenza eventuali risarcimenti ottenuti dalle querele.
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