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Dialoghi sull'inferno del Mes: la decisione di non ratificarlo e le scelte di Meloni

Luigi Bisignani
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Caro Direttore, dalle sfere celesti del Paradiso si guarda in giù, all’inferno del Mes. Alcide De Gasperi, avvolto nel suo pastrano proprio non si dà pace e, sfogandosi con sua figlia, Suor Luciola, ascesa al Cielo a soli 41 anni, commenta: «Questo manipolo giallo, verde e nero sta mettendo in crisi l’Europa, dopo tutti gli sforzi che abbiamo fatto con Adenauer e Schuman». «Proprio un fine d’anno con i botti!», irrompe Cossiga indossando l’ultimo modello di Apple Watch sincronizzato h24 con Luigi Zanda. «Ma quali botti, illustre Presidente, ribatte lo statista trentino, a Bruxelles ci stanno preparando un Carnevale da ricordare, con le maschere di chi governa la nostra povera Italia...». «Neppure a me hanno dato ascolto!», interviene Silvio Berlusconi in cachemire blu deliziandosi con un gelato tricolore: «Non sono riuscito nemmeno a contattare Gianni Letta che, come ho sempre sostenuto, è un dono di Dio, era a casa influenzato. Sul premierato ha interpretato bene il mio pensiero, ma sul Mes non è riuscito a catechizzare a dovere il buon Tajani». «Con l’astensione il tuo partito, Silvio, ha fatto proprio come Ponzio Pilato seppure si è un po’ riscattato con la proroga mirata di quella pagliacciata del bonus», replica il Picconatore, aggiungendo: «E comunque l’errore è continuato sotto il governo Draghi». «Se fosse stato per me, Draghi non avrebbe avuto vita lunga, a partire da quando era alla Banca mondiale», interviene Bettino Craxi con il suo caftano color crema. «Ancora la storia di quando non si oppose al progetto di recupero della Transandina, la ferrovia che attraversava le Ande, dall’Argentina al Cile, del dittatore Pinochet», puntualizza Giulio Andreotti, consultando i suoi diari. «Allora ci volle tutta l’autorevolezza del governatore Ciampi e del ministro Goria per evitare che Mariuccio, non ancora Super Mario, venisse licenziato su diktat del garofano».

 

 

Arriva Fanfani sul turbo triciclo e commenta: «Pettegolezzi datati, mi viene difficile rammentare, in tutta la storia dell’Ue, un voto contrario dell’Italia come quello sul Mes». «Per una volta sono d’accordo con te, Amintore», chiosa «il Divo», ricordando che per l’Italia fu molto laborioso anche il Regolamento per lo Sme. «Il nostro Paese aveva seri dubbi, se non interessi contrastanti, addirittura la Confindustria di Agnelli». «Se è per questo pure tu, Giulio - replica piccato Fanfani - eri contrario, come la Meloni oggi, per non irritare i comunisti e anche i socialisti». «Touché!», esclama il Divo. «Ma Francia e Germania fecero fronte comune, spiegando a Bruxelles che non si poteva portare avanti una proposta senza i Paesi fondatori. Giscard d’Estaing e Schmitt, ma soprattutto i cristiano sociali di Strauss si impegnarono in un lavoro parallelo per riuscire a coinvolgere l’Italia». Interviene Ciriaco De Mita, ricordando che il gruppo Dc affrontò compatto Andreotti, allora alla guida del Governo italiano, con l’astensione/appoggio dei comunisti: «Fu così inventato uno stratagemma, introducendo la cosiddetta banda di oscillazione che consentiva a tutte le valute europee di muoversi entro una "corsia" del 3%, all'Italia, cioè alla lira, del 6%». E Cossiga precisa puntiglioso: «Andreotti, in minoranza nel gruppo Dc (presidente Bianco e vice Mannino) accettò di stare con Bonn e Parigi a rischio della propria maggioranza, con socialisti e comunisti che votarono contro. In Consiglio, alla fine, la proposta portava le tre firme: Schmitt, Giscard d’Estaing ed Andreotti». «Guarda cosa ho trovato nei miei diari del ‘78, cita nostalgicamente Andreotti: "Il partito di De Gasperi non può mancare di coraggio di fronte a scelte europee", commentando: «Tutto il resto è superabile e potrebbe pure valere come mio modesto consiglio per la Meloni, se vuole crescere in Europa». «Giulio, dai, non accusarmi anche qui di fare il Picconatore, ma secondo te possiamo chiedere a Meloni, Salvini e Conte di fare una politica con la "P" maiuscola? Per loro dovrei piuttosto consultare il mio amico Freud. » «È questo il dramma della politica di oggi», sentenzia Nino Andreatta, con la sua immancabile pipa.

 

 

«Per non commentare il ministro Giorgetti, che proprio non sa come districarsi nel garbuglio del Mef e dell'Unione europea. Impuntandosi, ad esempio, sulla candidatura di Daniele Franco alla guida della Banca europea per gli investimenti, uomo del suo vecchio amico Draghi, si sapeva che sarebbe andato a sbattere». «Ma scusa, cosa avrebbe dovuto fare?», domanda Cossiga. Risponde Andreatta: «A coordinare i lavori sulla modifica del Patto di stabilità era la ministra spagnola dell’Economia Nadia Calviño, che ha soffiato il posto a Franco: avremmo potuto negoziare con lei il nostro appoggio in cambio di alcuni miglioramenti». Con aria grave, Carlo Azeglio Ciampi, nella sua inflessione labronica, dipinge un futuro cupo: «La Meloni, stretta dai vincoli europei, ora rischia una bomba a causa delle ristrettezze di bilancio. Per rispettare gli impegni di un deficit all’1,5%, dovrà tassare tutto quello che si muove e anche quello che non si muove. Il nuovo Patto di stabilità ripercorre un meccanismo pericoloso con tagli automatici che deprimono la crescita, facendo aumentare il debito in una spirale perversa». «Corretto, caro Ciampi, ma mi sto facendo un’altra idea». Tutti si girano ad ascoltare Craxi che sillabando sentenzia: «C’è qualcuno che sta facendo il gioco degli Usa e di Putin. In troppi a Washington non hanno mai digerito l’euro contro il dollaro mentre Putin, dopo l’Ucraina, vuole spaccare l’Europa e ci sta riuscendo». «I nomi!», tuona Fanfani. «I nomi li sappiamo, soprattutto qui - ribatte Craxi - del resto quando, per primo, ho svelato con nomi e cognomi i giochi della Procura di Milano, mi hanno mandato a morire ad Hammamet». «Ormai sei stato riscattato anche tu...», sottolinea sarcastico il Divo. «Basta parlare sempre di vicende giudiziarie, per di più ora che Francesco Saverio Borrelli è ai domiciliari in Purgatorio, ma ci ascolta. Tornate a pregare!», tuona perentorio San Pietro. E Giulio, con un sibilo: «Del resto, Bettino, in Paradiso noi due non siamo mica arrivati in carrozza».

 

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