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Elly Schlein riunisce il Pd ma il suo punto fermo è solo il Gay Pride

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Claudio Querques
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Crisi economica, guerra in Ucraina, alluvioni. Ma nell’agenda di Elly l’unità certezza, l’unico punto fermo, per ora è la partecipazione al prossimo Roma pride. Appuntamento da non perdere, specie ora che il tema dei diritti è diventato centrale anche per il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri che proprio ieri ha proceduto alla trascrizione dei primi due atti di nascita di figli di due mamme. Ad entrambi, sindaco e segretaria dem, è arrivato il plauso incondizionato di Alessandro Zan, paladino di questa e altre battaglie, l’unico a parlare di «compatezza del Pd». Un piccolo primato.

 

In realtà mai come in queste ore la direzione impressa al partito disorienta i riformisti e confonde l’area dei moderati. «Il partito radicale c’era già, non c’è bisogno di un doppione», si rumoreggia dietro le quinte. La riunione della segreteria, durata poco meno di 5 ore, è servita a toccare vari argomenti. La segretaria dietro la scrivania del Nazareno, gli altri componenti in modalità online. «Forse faccio in tempo a non perdere il treno», ha salutato, alle 14.20, gli uscieri Elly. In tempo per rispondere alla Meloni («si preoccupi del Paese prima che ci porti a sbattere») e poi via a preparare la direzione nazionale in programma lunedì prossimo.

 

Non sarà una passeggiata. La linea ondivaga, lo scontro con i De Luca padre e figlio, il disagio della componente cattolica, la scelta di dare la prima intervista a Vogue - magazine certamente non nazional popolare- l’uscita maldestra sull’armocromia: l’elenco delle gaffe che hanno creato sconcerto si allunga. Da qui la richiesta di «stringere i bulloni, riannodare i fili del partito dando spazio alle pluralità delle posizioni purché non diventino cacofoniche», ha detto Elly ai suoi. La liste delle voci critiche però si allunga. Bonaccini vuole evitare «una deriva minoritaria che ci metterebbe in un angolo».

 

Ma proprio nel Lazio, intorno a Rete democratica e a Claudio Mancini si sta (ri)strutturando una corrente vera e propria. I congressi regionali come copertura per organizzare i malumori. La spina che fa più male resta però lo strappo del leader di Demos Paolo Ciani, pacifista della prima ora, legato a Sant’Egidio, eletto nella lista Pd-Idp. Quel «sì» a Bruxelles all’uso delle risorse del Pnrr per l’approvvigionamento di armi e munizioni all’Ucraina è un solco profondo da colmare. Una posizione che nel Pd trova sempre più spazio. Su queste divisioni interne puntano i vari Calenda, Renzi e Conte per fare shopping. Proprio loro che dovevano essere terra di conquista. Ma Elly pensa al Gay pride. 

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