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Covid, Zaia chiede la pacificazione sociale e la fine della guerra nei tribunali

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«È finito il Covid. Non il post Covid». Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, parla al Corriere della Sera poche ore dopo che l’Oms ha dichiarato conclusa la pandemia («in buon ritardo»), ed è convinto che «dobbiamo ancora ritrovare la pacificazione sociale». Zaia spiega che «i toni aggressivi non accennano ad abbassarsi». «Si continua a far credere - prosegue - che i morti siano morti per l’incapacità di qualcuno, magari dei decisori politici e che c’era chi aveva capito tutto, ma non è stato ascoltato. Mi viene in mente quel video su internet: il centro di Tokyo, Sidney, New York e altre Capitali. Tutte le città del mondo deserte. E 20 milioni di morti. Mi colpisce che di questo non si voglia prendere atto. Mi colpisce questa rimozione». Poi ancora: «Attenzione. Io credo che la storia del Covid debba essere la più trasparente possibile», ritenendo che debba essere «rispettosa nei confronti di tutti: operatori, ammalati, familiari degli scomparsi. Di più, sono convinto che sia indispensabile un approfondimento sia sul cosiddetto ‘long Covid’ che su eventuali reazioni avverse ai vaccini. Per contro, non è che se una persona muore d’infarto la colpa è d’ufficio del vaccino». Zaia aggiunge che «non possiamo nemmeno pensare che tutto questo passi dai tribunali. Il tribunale deve perseguire i reati, certo. Ma non giudicare sulle scelte degli amministratori». 

 

 

Riguardo alle scelte passate, spiega che «io sono tra quelli che si sono battuti perché i vaccini non diventassero obbligatori. Detto questo, qui ci nascondiamo il punto. Noi ci siamo trovati a mani nude, con indicazioni contrastanti, in una situazione senza riferimenti. Non avevamo le istruzioni per l’uso. Basti pensare, ma lo dimentichiamo, che si diceva che la mascherina non serviva a nulla. Io sono stato contestato perché avevo disposto 3.500 tamponi a Vò Euganeo, quando non erano previsti tamponi per gli asintomatici. Peccato che abbiamo trovato un’ottantina di positivi. Ma io non so se tutto questo ci ha insegnato qualcosa». 

 

 

«I sanitari che si sono ritrovati a essere oggetto di insulti e aggressioni. Così non andiamo da nessuna parte. Ma c’è anche un problema di concezione della cosa pubblica», spiega ancora Zaia, sottolineando che «come tutti, mi sono ritrovato senza mascherine e senza camici. Tenga conto che prima del Covid l’azienda universitaria di Padova consumava 950 camici usa e getta al mese. Sotto Covid, siamo arrivati a 4.500 al giorno. Al giorno! Ora, mi chiedo: se avessi fatto una scorta di camici abbondante, che cosa mi sarei sentito dire? Il Paese deve comprendere anche le scelte strategiche. Perché a forza di danni erariali e di azioni di responsabilità si rischia davvero di rendere l’amministrazione un atto notarile». Zaia conclude ricordando che «le sfide saranno rappresentate da nuovi virus, infezioni ospedaliere, resistenza agli antibiotici. Abbiamo due opzioni: nascondere la testa sotto la sabbia o guardare in faccia alla realtà. Ora, non abbiamo più alibi».

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