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Schlein porta il Pd a rimorchio della Cgil: l'unica strategia è la protesta

Pietro De Leo
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C’è un dato politico che si nasconde – a fatica - dietro l’attivismo mediatico a toni elevati di Elly Schlein, quel tentativo, spesso con risultati non proprio eccezionali, di mescolare gesto politico ad una dimensione pop che ogni leader contemporaneo deve avere. Ed è questo: il Pd non è autonomo. Appare a rincorsa, o meglio rimorchio dell’agenda e delle iniziative altrui. Ieri abbiamo assistito all’arrivo della leader dem alla stazione Leopolda di Firenze, per un’iniziativa della Cgil. «Siamo qui per dire che saremo al fianco di chi si mobiliterà in queste settimane per chiedere al governo di prendere delle misure che possono sanare le piaghe strutturali del mercato del lavoro». La presenza degli esponenti Pd, assieme a quelli del Movimento 5 Stelle, peraltro, è anche programmata per le iniziative di mobilitazione che Cgil, Cisl e Uil metteranno in campo nei prossimi finesettimana, a partire da quello in arrivo, a Bologna. Trova gioco facile Matteo Renzi, nella sua opera d’attrazione per i moderati, nel pungere: «Il Pd e il Movimento 5 Stelle, in evidente debito d’ossigeno, inseguono la piazza per dire ci siamo anche noi e questo ha portato i sindacati a dire "vengano pure ma sul palco ci siamo noi"». «Il compito di un partito politico - aggiunge - non è quello di stare in piazza, fermo restando che si può aderire o no ad una manifestazione. Il compito di un partito è fare iniziativa politica».

 

 

Ed in effetti, se andiamo a ripercorrere questi primi mesi di segreteria Schlein, troviamo un Pd che, in luogo del rilancio dopo la disastrosa fase a guida Enrico Letta, appare come una subordinata del quadro politico. Con Elly Schlein al momento non in grado di imporre un tema d’agenda e alle prese con il rincorrere le piazze altrui. Iniziamo dall’«esordio», 4 marzo. Qualche giorno dopo la vittoria alle primarie del Pd, Schlein va a Firenze (dove, peraltro, trova anche il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte) e partecipa alla manifestazione «antifascista» a Firenze convocata anche in quel caso dai sindacati della scuola. Il punto di spinta era la rissa davanti al liceo Michelangiolo del capoluogo fiorentino tra alcuni attivisti di destra e di sinistra. Anche in quel caso, dunque, Schlein si aggrega. Idem a Milano, il 18 marzo per la manifestazione LGBT organizzata da «I Sentinelli», Arcigay Milano e Famiglie arcobaleno. L’iniziativa era stata convocata per protestare contro le mancate trascrizioni per i figli di coppie omosessuali.

 

 

Da ultimo, ora, la mobilitazione sul lavoro. Sempre piazze altrui. Allo stesso modo dell’attivismo, risaltano all’occhio i temi affrontati. Mai che il Pd riesca a porne uno al centro del tavolo. Parlano di antifascismo perché c’era stata una rissa, affrontano il tema LGBT per le polemiche sulle trascrizioni. Ora, si concentrano sul lavoro per reazione al decreto approvato dal governo. Probabilmente, l’unico caso in cui Elly Schlein ha sollevato un dibattito di suo innesco è stato per via del dichiarato ricorso all’«armocromista» per scegliere gli abbinamenti dei vestiti. Un po’ pochino per ricostruire un grande partito della sinistra.

 

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