Ue, Patto di Stabilità da 15 miliardi l'anno: tagliola sull'Italia
La lezione del Covid non ha fatto cambiare idea a Bruxelles. Nella nuova edizione delle regole contabili per i bilanci pubblici, il vecchio Patto era stato sospeso causa pandemia, restano i vecchi limiti del 3% del deficit e del 60% del debito rispetto al Pil. Insomma, la camicia di forza univoca per le differenti economie è tornata, pronta a stringere lo sviluppo dei Paesi più indebitati come il nostro. Per la Commissione che lo ha elaborato è però un Patto di stabilità più «equilibrato», ma anche con regole più «efficaci», che prevedono una riduzione del debito «più graduale» rispetto a quella prescritta dalle norme tuttora in vigore ma sospese nel 2020. Un quadro che dovrebbe incentivare, secondo la Commissione, le «riforme» e gli «investimenti» di cui l’Ue ha un grande bisogno nel nuovo contesto geopolitico. La Commissione ha presentato ieri a Bruxelles le attesissime proposte legislative per riformare il quadro Ue di governance economica. Formalmente, a quanto si è appreso da fonti Ue, il dossier non approderà al tavolo dell’Ecofin prima di giugno, perché deve essere fatto prima il lavoro tecnico a livello di esperti, che potrebbe iniziare già settimana prossima. Le proposte legislative introducono diverse novità rispetto al quadro che venne sospeso nel marzo 2020.
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In sostanza, gli Stati membri che sforano i tetti del 3% del rapporto deficit/Pil e/o del 60% nel rapporto tra debito pubblico e Pil dovranno rispettare delle traiettorie specifiche di bilancio a medio termine che assicurino un rientro del deficit sotto il 3% e che pongano il debito su un percorso discendente in modo stabile. I piani saranno su un periodo di quattro anni, estendibili a sette in cambio di investimenti e riforme in linea con le priorità Ue. L’aggiustamento fiscale che ne conseguirà sarà sicuramente «più graduale» rispetto a quello richiesto dalle regole sospese nel 2020, ha sottolineato il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, e proprio per questo anche più credibile. Il percorso di aggiustamento delineato dalla Commissione sarà tagliato su misura per ogni Stato, ma prevederà, per i Paesi con il deficit sopra il 3% del Pil, anche un requisito «orizzontale»: un aggiustamento minimo annuo pari allo 0,5% del Pil, un livello che secondo una fonte Ue sicuramente l’Italia supererà in caso di aggiustamento quadriennale e che, in caso di aggiustamento spalmato su sette anni, sarebbe «intorno» a quella cifra per un periodo «significativo» del settennato.
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Il presidente del gruppo Id Marco Zanni ha pubblicato via social una tabella secondo la quale all’Italia verrebbe chiesto un aggiustamento annuo pari allo 0,85% del Pil, circa 15 miliardi di euro, in caso di traiettoria quadriennale, e in media dello 0,5% annuo per i primi quattro e dello 0,25% per gli ultimi tre in caso di traiettoria settennale (che è quella che probabilmente l’Italia mirerà a ottenere). Non è prevista alcuna «golden rule», cioè un trattamento speciale per gli investimenti «verdi», per quelli nel digitale o per la difesa. Tuttavia i Paesi membri potranno chiedere un allungamento della traiettoria di rientro, da quattro fino a sette anni, se attueranno riforme ed investimenti nel campo della transizione verde e digitale o per la difesa. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti la proposta della Commissione è «certamente un passo avanti, ma noi - sottolinea - avevamo chiesto con forza l’esclusione delle spese d’investimento, ivi incluse quelle tipiche del Pnrr digitale e Green Deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri. Prendiamo atto che così non è. Ogni spesa di investimento, poiché è rilevante e produce debito per il nuovo patto, deve essere valutata attentamente. Quindi, occorre privilegiare solo la spesa che effettivamente produce un significativo impatto positivo sul Pil».
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