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Ue, la riforma del patto di stabilità non convince l'Italia. Nodo Pnrr

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Le modifiche al patto di stabilità che ha in mente la Commissione europea fanno storcere il naso al centrodestra al governo. L’intervento critico per i piani di Bruxelles è targato Fratelli d’Italia e Lega. «Le proposte sulla riforma del patto di stabilità e crescita, presentate oggi dalla Commissione europea, non convincono pienamente. Se da un lato è positivo il tentativo di superare la rigidità delle attuali norme, le quali, evidentemente, non sono più adatte rispetto al delicato contesto economico che stiamo attraversando, dall’altro, purtroppo, il pendolo sembra aver oscillato in direzione del rigore e non della crescita» le annotazioni del capodelegazione di Fratelli d’Italia-Ecr Carlo Fidanza e l’eurodeputato di FdI Denis Nesci componente della commissione Econ del Parlamento Europeo. 

 

 

«Infatti - continuano i due - aver fissato l’imposizione di un tetto pluriennale alla spesa pubblica senza altresì prevedere una ‘golden rule’ per gli investimenti pubblici rischia di mettere a repentaglio la ripresa economica e la crescita dei Paesi con un alto debito, come l’Italia. Per rilanciare la nostra competitività, abbiamo bisogno di una politica industriale e commerciale adeguata e solida, accompagnata da regole economiche che dovrebbero essere predisposte per andare incontro alle esigenze degli Stati membri, evitando di imporre freni e vincoli che ne impediscano il pieno sviluppo». «Pertanto, sarà necessario rivedere le nuove introduzioni relative all’aggiustamento fiscale annuale che risulteranno particolarmente gravose per diversi Stati membri. L’auspicio è che durante le negoziazioni il testo finale venga migliorato per raggiungere un maggiore equilibrio tra i due valori, stabilità e crescita, entrambi necessari» il messaggio da FdI.

 

 

Linea simile per Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e vice-segretario del Carroccio: «Prendiamo atto della proposta della commissione sul nuovo patto di stabilità. È certamente un passo avanti ma noi avevamo chiesto con forza l’esclusione delle spese d’investimento, ivi incluse quelle tipiche del Pnrr digitale e green deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri. Prendiamo atto che così non è. Ogni spesa di investimento poiché è rilevante e produce debito per il nuovo patto deve essere valutato attentamente. Quindi - chiosa Giorgetti - occorre privilegiare solo la spesa che effettivamente produce un significativo impatto positivo sul Pil».

 

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