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Dall'Ue ultimatum all'Italia: “Sui balneari chiarite entro due mesi”

Edoardo Romagnoli
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La Commissione europea ha annunciato un ultimatum all’Italia sulla questione balneari. Già a fine febbraio l’organo esecutivo dell’Unione europea si era dichiarato contrario alla decisione del governo italiano di prorogare i bandi di un anno, decisione su cui si era espresso negativamente anche il Consiglio di Stato a cinque giorni dall’approvazione del decreto che rinviò le gare. All’orizzonte c’è la decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea che il 20 aprile si dovrà pronunciare sulla causa fra l’Autorità di concorrenza nazionale e il Comune di Ginosa. Alla corte viene chiesto di stabilire se la direttiva in questione sia valida e vincolante o risulti invalida trattandosi di una direttiva di armonizzazione adottata a maggioranza e non all’unanimità e se «presenti o meno assenza di spazi discrezionali per il legislatore nazionale tali da poterla ritenere autoesecutiva e immediatamente applicabile». Ma prima della sentenza della Corte di giustizia Ue potrebbe arrivare il parere motivato della Commissione in cui verrà chiesto all’Italia di adeguarsi alle norme europee entro due mesi. In realtà la procedura di infrazione contro l’Italia la Commissione l’aveva aperta nel 2020, ma il procedimento poi è stato sospeso in attesa delle riforme che però non sono ancora arrivate.

 

 

La posizione dell’Europa è chiara: la mancanza di un bando ha permesso che le concessioni siano rimaste in mano agli stessi imprenditori andando contro la direttiva europea Bolkestein del 2006 sulla concorrenza. Dall’altra parte il governo italiano, ma soprattutto le associazioni degli imprenditori balneari, che si è schierato a difesa degli investimenti fatti da chi lavora da anni negli stabilimenti. Sul punto il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha dichiarato: «Noi vogliamo garantire ai balneari che vogliono continuare a lavorare in uno stabilimento che gestiscono da tanti anni il fatto che possano continuare a farlo. Se qualcuno è stanco e non se la sente più - ha proseguito Salvini - è giusto che chieda l’indennizzo per tutti gli investimenti fatti su quella spiaggia. Se uno se la sente e ha voglia di andare avanti magari con i suoi figlioli o i suoi nipoti deve poterlo fare». Poi ha spiegato come il problema non possa essere affrontata solo da un punto di vista economico. «Non può valere solo il criterio economico che ti porta la prima multinazionale di turno ad appropriarsi delle spiagge - ha detto il ministro - Io personalmente sto lavorando anche per una mappatura delle spiagge e delle coste italiane per garantire chi lavora da tanto tempo in spiaggia di continuare a farlo». Se da una parte la Lega e Forza Italia spingono per rimandare al mittente la stretta europea dall’altra Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni in prima fila sarebbero più disponibili a «trattare».

 

 

Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi-Sinistra italiana, ha attaccato il governo. «Il Governo Meloni tergiversa, difendendo le lobby che fanno affari d’oro. Prima non ha toccato gli extraprofitti delle società energetiche, e adesso difende le concessioni balneari di chi paga poche migliaia di euro anno mentre fattura milioni di euro. Questione che lo stesso Briatore ha confessato, spiegando che dovrebbe pagare molto di più dei quattro soldi che versa per la sua concessione al Twiga, che copre con gli incassi di meno di mezza giornata». Poi ha ricordato «che non mettersi in regola con la Bolkestein non solo porterà a nuova sentenza da parte della Corte di giustizia Ue che potrebbe avere gravi conseguenze e dovrà essere pienamente presa in considerazione, ma mette a rischio anche il versamento delle rate del Pnrr. Per questo chiediamo che il Governo Meloni la smetta di difendere le lobby togliendo risorse alle priorità dell’Italia».

 

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