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Migranti, Meloni in Etiopia fissa gli obiettivi: “Via la protezione speciale”

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"Mi do come obiettivo l'eliminazione della protezione speciale”. Il premier Giorgia Meloni conferma e si intesta la stretta sui permessi di soggiorno ai migranti, approdata ieri in Parlamento con un emendamento della maggioranza al decreto sull'immigrazione varato a Cutro. "Quando l'abbiamo licenziato in Consiglio dei ministri, abbiamo detto che ci avremmo lavorato ulteriormente in Aula" e "non c'è divergenza sostanziale", ha detto Meloni nel secondo e ultimo giorno della sua visita ad Addis Abeba, dove ha incontrato il primo ministro etiope, Abiy Ahmed Ali, e il presidente della Somalia, Hassan Sheikh Mohamud, in una missione definita "proficua e concreta".

 

 

L'emendamento depositato dalla maggioranza, e che porta la firma di tre senatori di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, restringe ancora molto i requisiti per ottenere la protezione speciale, una formula tipica dell'ordinamento italiano che riconosce il permesso di soggiorno a quei cittadini che non hanno i requisiti per ottenere lo status di rifugiato, ma potrebbero andare incontro in caso di espulsione a discriminazioni o trattamenti inumani. Il punto di caduta trovato dalla maggioranza - che introduce nuove restrizioni ai permessi per calamità e cure mediche - tiene conto delle istanze della Lega, che infatti esulta per il ritorno ai decreti Salvini, ma punta a evitare nuovi rilievi dal Quirinale. Una linea che Meloni sposa: "C'è una proposta sulla quale lavorava la maggioranza nel suo complesso e confido che quella sia approvata". L'opposizione prometta battaglia. Per la segretaria del Pd Elly Schlein "è una vergogna che vogliano cancellare la protezione speciale. Ci avevano già provato e si era espressa la Corte costituzionale sui decreti sicurezza di Salvini". Per Alleanza Verdi e Sinistra è stata "ignorata la lezione di Mattarella".

 

 

Di ritorno dall'Etiopia, ad attenderla, Meloni troverà anche il caso Artem Uss, l'imprenditore arrestato in Italia e ai domiciliari, fuggito all'indomani del via libera all'estradizione negli Usa e ricomparso in Russia due settimane dopo. Un garbuglio internazionale su cui è in atto una diatriba tra magistratura e ministero della Giustizia. Nei giorni scorsi sono stati disposti accertamenti da parte del ministero sulla sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Per il premier ci sono state "anomalie", e "la principale", ha detto Meloni rispondendo ai giornalisti ad Addis Abeba, "mi pare sia la decisione della Corte di appello di offrire gli arresti domiciliari". Il ministero non poteva chiedere misure più coercitive? "Va capito meglio, ma non ho risposte da dare", si è limitata a rispondere Meloni, che ha promesso un approfondimento con Nordio. E su questo batte il Partito democratico, per il quale il ministro "aveva il dovere di dare indicazioni chiare che invece non sono state date", affermano i capigruppo Francesco Boccia e Chiara Braga chiedendo che il Guardasigilli riferisca urgentemente in Aula.

 

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