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Migranti, accoglienza in ginocchio. Il Viminale favorevole a varare lo stato di emergenza

Gianni Di Capua
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I salvataggi in mare, da venerdì a lunedì, hanno superato quota 3 mila. Una situazione che si va a sommare al quadro già complicato delle ultime settimane per cui il governatore della Sicilia Renato Schifani aveva chiesto un intervento da parte del governo. E per questo il Viminale sarebbe favorevole al varo dello stato di emergenza per far fronte al problema. «Per limitare» le partenze, ha dichiarato il governatore della Sicilia, «è necessario intervenire sui Paesi di partenza e, tra questi, la Tunisia». Anche perché «l’hotspot di Lampedusa non è in grado di far fronte a questi flussi» ha fatto sapere Schifani. L’hotspot ha una capienza massima di 400 persone, ma ce ne sono stabilmente dalle 1.500 alle 2.500. È necessario garantire quindi un meccanismo di trasferimenti che però non può essere realizzato né dalla Guardia costiera o dalla Marina che sono impegnate nelle operazioni di soccorso né dai traghetti di linea. L’idea emersa nelle ultime settimane è quella di chiedere alla Difesa navi ad hoc della Marina militare o il noleggio dei traghetti di compagnia privata. Vedremo quello che succederà.

 

 

Un’altra leva fondamentale per alleggerire la pressione sull’isola è quella di «condividere» con gli altri Paesi membri dell’Unione europea la gestione dei nuovi arrivi. Anche perché la situazione dei salvataggi del Mediterraneo è quasi totalmente in capo all’Italia, visto, ad esempio, l’atteggiamento di Malta. «L’atteggiamento di Malta inizia a diventare urticante. Non è possibile che sistematicamente faccia finta di non vedere e non intervenga mai» per soccorrere i migranti nel Mediterraneo. Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, lo ha detto al Tg4. «O l’Europa batte un colpo o l’Italia dovrà batterlo da sola utilizzando la Marina Militare, perché così - ha concluso - è evidente che non si può andare avanti». Per questo è auspicabile che almeno la gestione «a terra» dei migranti sia condivisa con gli altri Stati dell’Unione.

 

 

Oggi le politiche di asilo di Bruxelles sono riassunte nel Sistema europeo comune che però si limita a disciplinare la protezione internazionale riconosciuta quando ci sono i presupposti per l’attribuzione della protezione sussidiaria o dello status di rifugiati. Però i singoli Stati possono muoversi in maniera indipendente per gestire le procedure di accoglienza creando di conseguenza un sistema estremamente frammentato. Nel frattempo l’Italia rimane il primo Paese d’arrivo di rifugiati e migranti in Europa: nel 2022 ha registrato oltre 105.100 nuovi arrivi e nei primi 3 mesi del 2023 gli arrivi sono stati già almeno 28.750 a cui si aggiungono oltre 173.600 rifugiati ucraini.

 

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