Fascismo, tutte le polemiche pretestuose che “rianimano” la sinistra
Una litania stonata, lenta e noiosa. Diventata, nel corso degli ultimi anni, l'unico collante che ha tenuto insieme la rive gauche della politica italiana. Il pericolo del ritorno del fascismo, il mito della resistenza e dei partigiani sono un leitmotiv tirato fuori, a cadenza settimanale, dalla sinistra nostrana. Ieri sono state le parole del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, ad innescare la miccia. «Via Rasella è stata una pagina tutt'altro che nobile della resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non». Apriti cielo. Anche la qualunque ha voluto commentare, criticare e chiedere le dimissioni dell'esponente di Fratelli d'Italia. Non si tratta, sia ben chiaro, di un caso isolato. Era da poco iniziato il mese di febbraio quando, Ignazio La Russa venne coinvolto in un'altra, pretestuosa polemica. Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, lo attaccò senza un reale motivo. «C'è nelle file di Fratelli d'Italia un autorevole esponente che si vanta di avere ancora in casa ritratto e statua di Mussolini». Un fatto, per altro, noto e stranoto da anni, se non decenni. In quel caso, il Presidente del Senato, durante un'iniziativa in ricordo di Pinuccio Tatarella, tra gli artefici del passaggio dal Movimento Sociale Italiano ad Alleanza Nazionale, replicò all'ex sindaco di Salerno. «Scusatemi se parlo di me. Sono sempre dipinto come quello che ha i busti del Duce, è vero ce l'ho, me lo ha lasciato mio padre, non capisco perché dovrei buttarlo. Non lo butterò mai, così come non butterei il busto di Mao Zedong se mi avessero lasciato un'opera d'arte sua. Scusatemi ancora per questa parentesi personale, che volevo assolutamente esternare».
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Una presa di coscienza che non piacque a Carlo Calenda. «Perchè ha collaborato allo sterminio degli ebrei, perché ha fatto uccidere gli oppositori e bastonare i lavoratori. E tu non sei cinese. Sei italiano. Patria del delinquente. E Presidente del Senato. E se non capisci perché devi buttare il busto di Mussolini non meriti di esserlo». Non serve andare troppo indietro nel tempo per ricordarsi poi del linciaggio mediatico al quale è stato sottoposto il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Per aver detto che, le vittime delle Fosse Ardeatine, «vennero uccisi perché italiani». Un'uscita che mandò su tutte le furie l'Anpi. «È opportuno precisare che, certo, erano italiani, ma furono scelti in base a una selezione che colpiva gli antifascisti, i resistenti, gli oppositori politici, gli ebrei – ha affermato Gianfranco Pagliarulo -. È doveroso aggiungere che la lista di una parte di coloro che, come ha affermato Giorgia Meloni, sono stati barbaramente trucidati dalle truppe di occupazione naziste, è stata compilata con la complicità del questore Pietro Caruso, del ministro dell'interno della repubblica di Salò, Guido Buffarini Guidi, del criminale di guerra Pietro Koch, tutti fascisti».
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E come dimenticarsi della manifestazione in difesa della preside di un liceo di Firenze, che aveva scritto una circolare, pochi giorni dopo la rissa tra giovanissimi esponenti di Azione Studentesca e dei Collettivi di Sinistra. Fomentando il pericolo fascista e mettendo sullo stesso piede pericolose dittature con «chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per ben cento anni fa ma non è andata così». Impossibile obliare, infine, Enrico Letta. Che ha chiesto agli italiani, nell'ultima campagna elettorale di settembre, il voto per «arginare il pericolo fascista». Una richiesta che, i nostri concittadini, hanno prontamente rimandato al mittente.
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