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Pd, Franceschini comanda pure con Schlein tra poltrone e dossier delicati

Luca De Lellis
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Esistono persone che quando il mare è in tempesta galleggiano serenamente. Non vanno in panico. Tutt’altro, si trovano a proprio agio. E preferiscono raggiungere il porto sicuro piuttosto che fungere da primi della classe e spendersi per salvare gli altri. È un po’ il ruolo che si è ritagliato all’interno del Partito Democratico il camaleontico Dario Franceschini. Come scrive “Repubblica”, l’ex ministro della Cultura, che è a capo di una delle più vaste correnti interne del Pd, nonostante la ventata di novità portata dalla nuova segretaria Elly Schlein, che sembrava per lui e per la sua frangia non promettere nulla di buono, ha conseguito il suo obiettivo. Appunto, quello di galleggiare, spingendo dentro la nuova epoca anche tutti i suoi sostenitori. E, in base a quanto riporta il quotidiano, è stato il solo a resistere al rimpasto di componenti interne provocato dalla bagarre per la leadership.

 

 

Per citare qualche nome di stampo franceschiniano che sta assumendo un ruolo in questo tentativo di innovazione del Pd, possiamo elencare la neo-capogruppo alla Camera Chiara Braga, ma anche la parlamentare alla sua prima legislatura Michela Di Biase. Nonché un’altra ventina di eletti in direzione, poco meno di quelli scelti da Schlein. Ma oltre alle poltrone, Franceschini fa il solito Franceschini, in quella vena un po’ democristiana che lo contraddistingue. Si occupa dei dossier importanti e, al momento, è a lui che la destra si rivolge per trattare su determinate questioni. L’ultima delle quali coincide con la girandola di cambi eccellenti che il governo Meloni vorrebbe per la Rai, e che però deve necessariamente coinvolgere anche le forze d’opposizione.

 

 

Franceschini è ormai un veterano del Palazzo. Sa come comportarsi, conosce le procedure, i cambiamenti. Sa che nulla è definitivo, tutto scorre fluido come l’acqua di un fiume. E lui ha deciso di non essere la roccia, cioè quello che rimane fermo nonostante il tempo passi. Ha compreso prima di altri big del partito che Schlein avrebbe rappresentato il futuro, e si è offerto di aiutarla a ricostruire la baracca. In fondo a lui non interessa essere il numero uno, ma quello di cui il leader non farebbe mai a meno.

 

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