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FratElly di sinistra: tra Schlein e Conte corsa a chi la spara più grossa

Pietro De Leo
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E se invece la manifestazione di sabato a Firenze fosse la linea di partenza di un derby? Già, perché la segreteria di Elly Schlein, per vocazione e messaggi, almeno al momento, definisce una virata del Pd verso la sinistra radicale. Una strada che in parte era già stata intrapresa da Enrico Letta (a dispetto della sua formazione del centrosinistra cattolico) ma che comunque tra stop and go pareva tener conto della genesi del progetto dem, che vedeva due pilastri, quello post comunista dei Ds e quello post democristiano della Margherita. Ora, con Schlein, che il Pd l’ha vissuto ben poco essendovi entrata solo di recente, pare esserci meno vincolo della storia. Solo che lo spazio di un «melenchonismo all’italiana» era già presidiato, dalla caduta del governo Draghi, dal Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. Attraverso, soprattutto, una proposta politica che ha visto difesa ad oltranza del reddito di cittadinanza e certi toni piuttosto alti sulla questione sociale. Dalle prime battute, si configura una corsa a rialzo sui temi per contendersi il primato di quel blocco sociale. A Firenze, dopo mesi, abbiamo visto un riavvicinamento visibile del Pd Schleiniano alla Cgil guidata da Maurizio Landini, il quale oramai vedeva in Giuseppe Conte il suo interlocutore privilegiato. E poi c’è la sortita a «Che tempo che fa». Interpellata sull’eventuale proposta di patrimoniale, la neo segretaria ha detto: «Noi vorremmo fornire un sistema di tutele che riunisca fragilità diverse, a partire dalla Costituzione, a partire dal principio della progressività: chi ha di più contribuisca di più».

 

 

Dall’altro lato, Giuseppe Conte parlando alla platea degli studenti della 24 ore business school ha affermato: «La prospettiva dello stop dei motori a combustione termica dal 2035 va affrontata, inutile rimandarla di continuo facendo un’azione di resistenza abbracciando il passato. Abbracciamo il futuro». Una retorica che pare non tener conto dei contraccolpi sociali che una transizione troppo repentina verso il motore elettrico comporterebbe, ma comunque ciò rappresenta uno scatto in avanti in direzione di quel bagaglio ambientalista ideologico di cui Schlein rappresenta lo zenith. E però, questa «corsa» potrebbe comportare effetti collaterali assai complicati all’interno del Pd. Ricordiamo che Elly Schlein ha vinto il round decisivo dei gazebo (anche con una buona quota di voti provenienti da elettori di Movimento 5 Stelle e alleanza Verdi-Sinistra) ma ha perso in quello precedente, degli iscritti. In cui si annovera l’ossatura del Partito democratico, ossia consiglieri comunali e regionali, sindaci, dirigenti di vario livello. Una vittoria monca, dunque? No, ma sicuramente un doppio livello da non trascurare, perché scossoni repentini e forzati potrebbero non essere assorbiti da una porzione di partito.

 

 

La fotografia più nitida dall’interno l’ha scattata proprio un senatore dem, Carlo Cottarelli: «Tra gli iscritti più della metà ha votato Bonaccini, forse pensando più al centro che al Movimento 5 Stelle». Constatazione che peraltro trova riscontro nel gesto di Beppe Fioroni, uno degli ultimi esponenti dell’area cattolica Pd, che ha detto subito addio. E non è escluso immaginare che non sia ristretto il novero di quanti, magari più orientati al governo del territorio, si possano trovare a disagio con un’impronta piazzaiola senz’altro legittima per principio, ma molto meno quando si trova a marciare fianco fianco con i cori da anni ’70 e striscioni pro-Cospito.

 

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