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Giovanni Donzelli accusa il Pd. Alla Camera è bagarre sul caso Cospito

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Le parole di Giovanni Donzelli squarciano il silenzio di Montecitorio. Come scrive LaPresse l’Aula della Camera stava esaminando gli emendamenti presentati alla proposta di legge per l’istituzione della commissione Antimafia: tutti i gruppi sono d’accordo, il provvedimento sarà approvato all’unanimità. Non serve stare all’erta, quindi. Il coordinatore nazionale di FdI, però, interviene a gamba tesa. Il suo discorso è scritto, la tesi sta lì, nero su bianco: «C’è una nuova strada che sta tentando la mafia per fare cedere lo Stato sul 41- bis, un nuovo personaggio, un influencer che sta utilizzando per questo strumento, ed è il terrorista Cospito che sta utilizzando la mafia in questo momento per far cedere lo Stato sul 41-bis», attacca. I deputati del Pd cominciano a rumoreggiare, ma Donzelli va avanti e argomenta le sue parole. Citando alcuni «documenti che sono presenti al Ministero della Giustizia», racconta di un colloquio andato in scena, nel penitenziario di Sassari, il 28 dicembre scorso tra Cospito e Francesco Presta, «killer di rara freddezza, uno che ha messo in proprio una ’ndrina».

Il boss della ’ndrangheta, racconta il deputato FdI, avrebbe esortato l’anarchico ad andare avanti nella sua battaglia contro il 41 bis, con lo sciopero della fame, «sarebbe importante che la questione arrivasse a livello europeo e magari ci levassero l’ergastolo ostativo», le parole di Presta riportate da Donzelli. Non solo. Il deputato FdI, vicinissimo a Giorgia Meloni, racconta anche di un altro colloquio avvenuto sempre nel carcere di Sassari, ma il 12 gennaio scorso. L’anarchico trasferito ieri nel carcere di Opera, a causa delle sue condizioni di salute, parlava con Francesco Di Maio, del clan dei Casalesi. «Diceva il boss dei Casalesi: "pezzetto dopo pezzetto, si arriverà al risultato, che sarebbe l’abolizione del 41- bis". E poi dopo andava avanti e rispondeva Cospito: "dev'essere una lotta contro il regime 41-bis e contro l’ergastolo ostativo, non deve essere una lotta solo per me. Per me, noi al 41- bis siamo tutti ugualì», racconta Donzelli che poi piazza la stoccata: «Non è l’unico incontro che ha avuto Cospito. Il 12 gennaio 2023, mentre parlava con i mafiosi - scandisce - Cospito incontrava anche i parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, che andavano a incoraggiarlo nella battaglia. Allora, voglio sapere - è la sua conclusione - se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia. Lo vogliamo sapere in quest’Aula oggi».

Partono automatici gli applausi dei colleghi di FdI, mentre dai banchi delle opposizioni si levano le prime obiezioni. Peppe Provenzano, dal Pd, invita Donzelli a vergognarsi. Protestano anche Avs e Azione-Iv, fino a quando il dem Federico Fornaro invoca l’art. 58 del regolamento che prevede, quando un deputato viene accusato «di fatti che ledano la sua onorabilità» che il presidente della Camera nomini una Commissione che «giudichi la fondatezza della accusa». Il Pd iscrive tutti i deputati a parlare. Tutti invocano le scuse di Donzelli e la situazione esplosa a Montecitorio arriva ai piani alti di Palazzo Chigi. Giorgia Meloni sente sia Donzelli che Foti, poi il deputato FdI, difeso anche dal suo capogruppo, conferma di non voler arretrare: «Non devo chiedere scusa su niente, non ho detto niente di sconveniente. Andrò ben volentieri dal giurì d’onore», taglia corto. «È il Pd che non ha preso una posizione chiara sul 41 bis, con tutti i rischi che questo comporta» è la linea condivisa anche con Palazzo Chigi. Tra i deputati della Lega qualcuno rumoreggia: «L’intervento di Donzelli è stato assolutamente fuori luogo»; «FdI è ottimo per fare opposizione», è lo sfogo raccolto da LaPresse. Una telefonata di Matteo Salvini al deputato FdI serve ad esprimere solidarietà e ribadire compattezza. Intanto la conferenza dei capigruppo convocata per dirimere la questione non basta a placare il braccio di ferro in atto.

Il presidente della Camera Lorenzo Fontana parla direttamente con Donzelli e Foti ma non può far altro che prendere atto dell’indisponibilità di Donzelli al passo indietro. Nel frattempo il voto sulla commissione Antimafia è bloccato. Le opposizioni - anche il M5S dopo una prima fase nella quale si era limitato ad esprimere la propria posizione di intransigenza sul 41 bis - continuano l’attacco. Non c’è solo l’accusa rivolta ai dem che sono andati a Sassari. Per Pd, Azione-Iv, Avs e M5S Donzelli, rivelando le interlocuzioni tra l’anarchico e la ’ndrangheta, ha svelato informazioni riservate, avute magari in virtù del suo ruolo di vicepresidente del Copasir. «È gravissimo, lasci», tuona Maria Elena Boschi. Donzelli, però, sul punto si difende subito: «Non è possibile che abbia avuto quelle informazioni che ho citato dal Copasir perché per gli atti che si consultano fuori dalle sedute c’è un registro apposito su cui si firma quando si consultano, e io non ho mai consultato alcun documento del Copasir». I documenti citati, spiega, «sono depositati al Ministero della Giustizia, non secretati e consultabili da qualsiasi deputato. Sono stati consegnati dal Dap. Se mai avessi usato il Copasir per quegli atti, giustamente avrei dovuto dare le dimissioni e seguire le conseguenze penali di aver rivelato il segreto», assucura. Anche in questo caso, però, le opposizioni non ci stanno. «A me non risulta che esista una procedura che renda accessibili a tutti i deputati le intercettazioni all’interno del carcere», replica Andrea Orlando. L’ex ministro della Giustizia spiega che un parlamentare può fare richiesta di accesso agli atti e deve essere il Guardasigilli, con un provvedimento motivato, a dare l’ok. «In ogni caso - aggiunge - oggi Donzelli ha reso pubblico un fatto che cambia il quadro: una saldatura tra anarchici e ndranghetisti, venga in aula il ministro dell’Interno per dire se strategia contro gli anarchici è funzionale».

Giovedì nell’aula della Camera Matteo Piantedosi svolgerà un’informativa urgente sul tema insieme a Carlo Nordio e Antonio Tajani e nella stessa giornata sarà il Copasir ad occuparsi del dossier anarchici. In aula è Fontana a sbloccare la situazione. «Non è compito del presidente della Camera entrare nel merito politico delle dichiarazioni rese in questa aula», premette, ammettendo poi come le dichiarazioni di Donzelli prima e delle opposizioni poi abbiano leso il principio del rispetto reciproco. Sarà quindi il Giurì d’onore, assicura, a dirimere la questione, spiega. Il Pd chiede chiarezza ma accetta di riprendere i lavori e nel giro di una decina di minuti tutti gli articoli della legge di istituzione della commissione antimafia vengono approvati all’unanimità. Adesso sarà la commissione nominata da Fontana a esaminare il dossier e, anche se non è previsto un voto sulle conclusioni alle quali arriverà, la battaglia è assicurata.

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