Patrimoniale per gli altri, esenzione Imu per sé. L'ipocrisia di Rifondazione comunista
Evviva le tasse, ma solo se riguardano gli altri. E' il caso del Rifondazione Comunista. In prima fila quando c'è da chiedere la patrimoniale ma stranamente restio a rispettare le scadenze fiscali quando lo riguardano. Specie se si tratta dell'Imu sull'immenso patrimonio immobiliare ancora appannaggio del partito che fu di Bertinotti.
Un colpo durissimo alle finanze di Rifondazione Comunista, un «enorme danno economico», dice il segretario nazionale Maurizio Acerbo all’AdnKronos, chiedendo alle forze politiche in Parlamento, tutte, di intervenire a difesa della democrazia e di «uno dei pochi partiti, intesi in senso tradizionale, presenti in Italia, oltre che uno dei più antichi con i nostri 31 anni di storia».
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Per il secondo anno esclusa dalla possibilità di beneficiare delle risorse del 2×1000 e delle detrazioni sulle sottoscrizioni a favore del partito, le casse di Prc scricchiolano sotto il peso «di un danno davvero grosso». Soprattutto considerato che «le nostre entrate arrivano dalle tessere degli iscritti, dalle sottoscrizioni e dal ricavato di iniziative di autofinanziamento. Non prendiamo finanziamenti da grandi imprese, e non è che non li prendiamo oggi che siamo extraparlamentari, non li prendevamo nemmeno quando eravamo all’8%. Perdere per due anni di seguito il 2x1000 - ribadisce Acerbo - è un enorme danno per noi, che ci costringerà a mettere a rischio la nostra presenza sul territorio». Non solo.
Per tirare i cordoni della borsa nel passaggio extraparlamentare, il partito della Rifondazione Comunista aveva già venduto la sede di proprietà in via del Policlinico a Roma, ma nonostante la rinuncia «paghiamo un’Imu notevole, complessivamente di oltre 150mila euro, per proprietà comprate con i sacrifici dei militanti. Imu dalla quale per legge sono escluse, giustamente, associazioni ed enti no profit che svolgano attività sociali. Allora ricordo che nelle nostre sedi ci sono sportelli di consulenza legale sulla casa e sul lavoro, corsi di lingua per migranti, attività culturali di ogni genere. E sono presidi di democrazia del territorio aperte ai comitati dei cittadini».
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Per questo, Prc ora punta a sensibilizzare il Parlamento rispetto alla «necessità di una normativa che sia costituzionalmente orientata. Se i partiti, secondo l’articolo 49 della Costituzione, sono lo strumento attraverso cui i cittadini partecipano alla politica nazionale, allora bisognerebbe superare l’attuale discriminazione». Quella di una legge che esclude i partiti che non hanno eletti in parlamento. Fino a due anni fa, Prc aveva ottenuto comunque i due benefici (2x1000 e detrazioni) essendoci la possibilità della componente nel gruppo misto (bastava ad esempio che un senatore nel gruppo misto dichiarasse di sostenere il partito) ma poi è giunta la determinazione, prima della giunta per il regolamento del Senato e poi del Presidente della Camera, di restringere il riconoscimento di nuove componenti parlamentari e così è diventato di fatto inesigibile per Rifondazione il diritto che la legge precedentemente riconosceva.
Il parlamento, chiede Acerbo, dovrebbe intervenire per superare questa situazione e garantire a tutti i cittadini la possibilità di sostenere il partito per cui simpatizzano. «Dato che sono i cittadini a decidere a chi destinarlo, il 2x1000 non toglie niente a nessuno, credo allora che le forze politiche presenti in Parlamento debbano intervenire per correggere la norma e prevedere un accesso più largo, poi sono i cittadini a scegliere».
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Negli ultimi anni, sottolinea Acerbo, il Partito di Rifondazione Comunista è risultato al quarto posto per numero di contribuenti, dietro a Pd, Lega e FdI, sebbene ultimo per introiti «ma i nostri simpatizzanti sono lavoratori, precari, pensionati... il popolo insomma. Ben diverso da un partito che ha la base costituita dalla parte più ricca de Paese». E «siamo stati gli unici in grado di raccogliere le firme e presentare li liste in tutti i collegi, cioè in tutto il territorio nazionale: questo è il segno di un partito che è radicato nella storia del Paese. Non c’è manifestazione in cui non ci siano le nostre bandiere. Quindi credo che anche chi la pensa in maniera differente da noi possa convenire che non stiamo parlando di una forza politica inventata in tv ma radicata nel Paese».
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Nel frattempo, Acerbo annuncia la volontà di organizzare una campagna di autofinanziamento per superare l’impasse. Ma assicura: «Noi continueremo ad esserci a prescindere dai conti. Credo però che ci sia un problema riguardo il tema del finanziamento pubblico. La pensiamo come Bernie Sanders: il problema è il finanziamento privato, ovvero il condizionamento che ha sulla politica il potere economico e affaristico da cui noi siamo blindati per regole interne. Ma per mettere i partiti in condizione di svolgere un’attività democratica la politica dovrebbe essere finanziata dai cittadini per garantire quel pluralismo previsto dalla Costituzione».