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Sfregio al Senato, il Pd perdona i teppisti: "Vanno ascoltati"

Pietro De Leo
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Condanna sì, con qualche «ma». Evidentemente non basta l’imbrattamento di una sede istituzionale, il Senato, da parte dei militanti di «Ultima Generazione». Non basta il fatto che ciò rappresenti la cuspide di una parte dell’attivismo ambientalista che, negli ultimi mesi, ha visto un’applicazione ostile alla convivenza civile con blocchi stradali, urticanti per chi deve andare a lavorare o, persino, pericolosi per chi deve portare il primo soccorso. Non basta la simbologia di un attacco alla culla democratica del Paese, che porta a interrogarsi sul rafforzamento dei presidi di sicurezza. No, c’è quel «ma» che esclude un assunto molto semplice: quando lo strumento per rivendicare diventa grave ed inaccettabile, non può esistere alcun margine. Neanche separare l’istanza dal gesto. Eccoli, allora, gli sparuti teorici del «ma». A partire da Monica Cirinnà, responsabile diritti del Pd. «Le ragioni della disobbedienza civile di Ultima Generazione sono tutte condivisibili, non lo è lo sfregio al Senato evidente mente visto come luogo che non ascolta e non risponde. Purtroppo non ne faccio più parte - scrive in un tweet l’ex parlamentare - ma se così fosse chiederei subito che l’associazione fosse ricevuta».

Un messaggio, questo, che racchiude un significato pericolosissimo, ossia che il vandalismo possa legittimare all’interlocuzione istituzionali, al pari di un sindacato o di un’associazione che, al contrario, portano avanti le loro mobilitazioni in modo del tutto consono. Dai Radicali, invece, il segretario Massimiliano Iervolino scrive: «Imbrattare Palazzo Madama è cosa fuori dal mondo. Bisogna avere la capacità di trasformare la protesta in proposta». E ancora, osserva: «Condividiamo le motivazioni che spingono tanti giovani a mobilitarsi a favore dell’ambiente e contro il riscaldamento globale. Come radicali siamo stati tra i primi ad avvertire che non c’è più tempo di da perdere e vanno prese le misure urgenti».

Vero che la protesta sul clima è legittima, ma proprio per questo occorre tener ben separato chi lo fa pacificamente rispetto a chi ricorre all’oltraggio alle istituzioni, che invece per la sua gravità andrebbe condannato integralmente, senza spaccare il capello in quattro. Chi, invece, non accampa neanche mezzo distinguo è la rediviva Rifondazione Comunista, che commenta l’accaduto con una nota congiunta del segretario Maurizio Acerbo e della responsabile ambiente Elena Mazzoni. «Le ragioni delle azioni dirette nonviolente degli attivisti di Ultima Generazione, come il lancio di vernice al Senato, sono pienamente condivisibili. Il governo Meloni, come quello Draghi, sta procedendo sulla strada delle fonti fossili invece di puntare sulle rinnovabili».

Vorrà dire che, in tempi di ridisegno delle forniture energetiche, il conto in bolletta lo pagheranno i rifondaroli, e magari quelli di Ultima Generazione, se non hanno finito le risorse in barattoli di vernice. Purtroppo, la velata indulgenza fa capolino anche sui social per quanto, fortunatamente, in una porzione del tutto minoritaria. Un utente scrive su Twitter: «Leggo un sacco di reazioni isteriche per un po’ di vernice rossa su un palazzo: dopo che lo avete ripulito per favore fareste caso anche a cosa sta succedendo fuori?».

Un altro la butta sull’epocale: «Questi ragazzi - osserva a proposito del gesto - lottano per il futuro. Anche del vostro che li criticate e li definite delinquenti». Una piccola radiografia del sentire comune, che dovrebbe spingere tutti gli attori politici, che siano dentro o fuori dal Parlamento, a condannare senza angoli di dubbio, per evitare che la legittimazione a queste iniziative si sparga, anche di poco.

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