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Manovra, "miserabili" e "miracolato": così in Parlamento si celebra il clima natalizio

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Carlantonio Solimene
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Il calendario talvolta tira brutti scherzi. E così ogni dodici mesi accade che il periodo di maggior conflittualità in Parlamento i giorni della Manovra - coincida con le feste natalizie. Quest' anno, poi, si rischia addirittura che il voto finale della Camera sul provvedimento si tenga nella tarda mattinata della Vigilia.

Così, mentre gli italiani saranno impegnati a riabbracciare i parenti che non incontrano da mesi o a posizionare il bambinello nel presepe, a Montecitorio andrà in scena in dibattito in cui, c'è da scommetterlo, i deputati non si risparmieranno attacchi e colpi bassi. Un assaggio di quello a cui assisteremo lo si è già avuto nei giorni scorsi. Ieri, per dire, è risuonato il «siete dei mi-se-ra-bi-li» che Roberto Giachetti ha scandito nei confronti dei colleghi grillini, rei di essersi presi il merito di una misura- lo stop alla rivalutazione dello stipendio dei parlamentari - che viene votata all'unanimità ormai ininterrottamente dal 2006. Da quando, cioè, il Movimento non era un'idea neanche nelle teste di Grillo e Casaleggio.

«Se si apre una consuetudine rispetto al turpiloquio qui dentro, se si permette di dare dei miserabili a un gruppo parlamentare, ce lo diciamo e io mi regolo» ha replicato furente il capogruppo pentastellato Francesco Silvestri. Smemorato, a dire il vero, perché il turpiloquio alla Camera non l'hanno certo introdotto i grillini ma... diciamo così... ne hanno fatto un uso piuttosto estensivo e creativo. Basti pensare al mitologico Massimo De Rosa, che tempo fa si rivolse alle colleghe di Pd e Forza Italia apostrofandole così: «Siete qui solo perché siete brave afare i p...». E ci siamo capiti. Un pugno di ore prima era stata la volta di Luca Ciriani, ministro per i Rapporti col Parlamento. Rapporti tempestosi, in questo caso, poiché di fronte alle rimostranze del renziano Luigi Marattin per l'iter accidentato della Manovra, il ministro ha tirato fuori gli artigli: «Ma dove vai tu, che sei un miracolato!». Marattin, generalmente poco propenso a porgere l'altra guancia, stavolta ha mantenuto un lodevole self control. Ed è stato Carlo Calenda - e chi, seno? - a vendicarlo: «Ciriani? Chi insulta un parlamentare eletto è un ciuccio e un presuntuoso». Poi, siccome Calenda e Renzi si marcano a uomo, anche l'ex sindaco di Firenze ha pensato bene di unirsi alla fiera dell'insulto, definendo il presidente della commissione Cultura Federico Mollicone un «uomo senza dignità». Mollicone, a dirla tutta, aveva in precedenza invitato Renzi ad andare dallo psicologo «per curare il tuo narcisismo». E poiché Italia Viva è una falange armata pronta afare da testuggine per il leader, era già intervenuta la senatrice Raffaella Paita a intimare al deputato meloniano di «occuparsi solo di Peppa Pig».

Lo scambio, per contestualizzare, è andato in scena per l'abolizione del Bonus Cultura che Renzi destinò ai diciottenni. E verrebbe da dire che i soldi servono, ci mancherebbe, ma ai giovani magari sarebbe anche utile dare il buon esempio. Poi capita di aprire il «Corriere» e trovarci un'intervista al sottosegretario al Mef, Federico Freni: «Con l'opposizione - dice lui - c'è stata una dialettica sana ed equilibrata, nel reciproco rispetto delle diverse posizioni».

E gli insulti? «Ciascuno recita la propria parte in commedia». Insomma: in pubblico ce ne diciamo di ogni, ma in privato è tutto un volemose bene. Il ché, a pensarci bene, è la dimostrazione plastica di quanto sia lontano il Parlamento dalla vita reale. Perché a Natale, nelle famiglie, accade il contrario. Ci si abbraccia, si scherza, si gioca, ma sotto sotto ci si detesta. E vai a capire, delle due ipocrisie, quale sia la peggiore. 

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