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Qatargate, la sentenza dei sondaggisti sul Pd: “Costerà molto”, “Il M5S gli ruberà i voti”

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Quanto peserà sul Partito democratico lo scandalo Qatargate? A rispondere alla domanda sono i due sondaggisti Renato Mannheimer e Antonio Noto. “Lo scandalo del Qatargate costerà molto al Partito democratico per vari motivi. Innanzitutto perché il Pd, come buona parte della sinistra, ha costruito la propria identità sull’idea morale di una superiorità antropologica. Facendo una media degli ultimi sondaggi il Pd oggi sta tra il 14 e il 15%”, dice Mannheimer, che poi spiega come “Qatargate mostra che elementi di corruzione possono esistere in tutti i partiti. Fa crollare quindi una certa immagine della sinistra. Nel frattempo in un partito dilaniato dalla crisi e dai conflitti interni, non sembra esserci una reazione e lo scandalo è trattato come se riguardasse singole persone. C’è dunque un problema strutturale, Enrico Letta strattonato dalle correnti non ha la forza di reagire. Sono due gli elementi che si innescano nella crisi del Pd che qualcuno sostiene rischi di scendere al 10%, ma fare queste previsioni - sentenzia ancora il sondaggista - è molto poco serio”.

 

 

Noto slega lo scandalo corruzione dai numeri negativi dei dem: “La crisi del Partito democratico non può essere ascrivibile allo scandalo del Qatar. Il Pd era già in crisi prima, alle elezioni dello scorso settembre aveva ottenuto il 19 per cento ed a novembre era sceso al 17 per cento. Adesso, dopo lo scandalo, oscilla intorno al 16 per cento, quindi ha perso l’1%. Ciò vuol dire che un impatto il Qatargate lo ha avuto, ma limitato, marginale”. 

 

 

Noto traccia quindi una demarcazione tra il fronte “delusione” e quello “cambio partito”: “Una cosa non implica l’altra. Da un canto, scemano la forza motivazionale del Pd nei confronti del suo elettorato e la sua forza di aggregazione di nuovi elettori, tanto che la delusione nell’elettorato dem investe circa l’80% del suo elettorato. Dall’altro l’abbandono del partito successivamente al Qatargate riguarda solo un 1% dei suoi elettori. L’elettore deluso infatti non cambia partito da un giorno all’altro, i tempi sono lunghi”. A chi è andato il 3% perso dal Pd? Noto spiega così il flusso: “Il 2% è andato ai 5 stelle, l’1% in astensione. Guardando avanti ci potrebbero essere le stesse proporzioni, 2/3 dei voti che hanno abbandonato il Pd potrebbero andare ai pentastellati. Adesso bisogna capire come procederà l’inchiesta e se nasceranno nuovi soggetti politici. Il nuovo segretario Pd dovrà capire come motivare ulteriormente i delusi, perché il rischio è che gli elettori delusi possano riconoscersi in un altro partito. Questo è il vero problema oggi”.

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