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Governo, Meloni sfida l'Unione europea: “Sul gas interventi veri o faremo da soli”

Carlantonio Solimene
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Il tempo dei convenevoli è finito. Giorgia Meloni ha inaugurato la sua presidenza del Consiglio con un viaggio a Bruxelles per prendere confidenza con le istituzioni continentali e dimostrare quanto fosse mendace la narrazione del suo governo come inviso all'Europa. E, infatti, con Ursula von der Leyen, Roberta Metsola e Charles Michel sono stati sorrisi e strette di mano. Ma ora si volta pagina. Alla vigilia del primo Consiglio europeo cui prenderà parte da premier - in programma a Bruxelles domani e venerdì - Meloni mette subito in chiaro cosa si aspetta dall'Unione europea. In particolare sui due dossier cui il governo italiano tiene maggiormente, energia e migranti. E quello che il capo del governo vuole ottenere è un cambio di rotta sostanziale. A partire dall'annosa questione del price cap sul gas. «La proposta della Commissione europea - scandisce alla Camera nelle comunicazioni pre-Consiglio - è insoddisfacente, perché inattuabile alle condizioni date». Sarebbe assurdo, per la premier, far prevalere «logiche unilaterali secondo le quali gli Stati con maggiore spazio fiscale fanno da sé e quelli con scarsa capacità di spesa possono essere lasciati indietro». Di più, si mostrerebbe «la realtà di un'Europa molto diversa da quella che è stata decantata in questi anni».

 

 

Il riferimento è al maxi piano da 200 miliardi varato dalla Germania per sostenere famiglie e imprese contro il caro bollette. Una decisione, quella di Berlino, accompagnata dal veto strisciante del governo di Scholz contro soluzioni comunitarie alla crisi. Per Meloni questa è la strada sbagliata, e l'Unione non deve limitarsi a varare un vero price cap sul gas, ma deve anche «rendere disponibili agli Stati membri fondi per aiutare famiglie imprese». Fermo restando che, di fronte all'inerzia di Bruxelles, il governo italiano sarebbe eventualmente anche pronto a fare da solo, con «misure nazionali» che dovrebbero prevedere il disallineamento tra i prezzi del gas e quelli delle altre fonti energetiche. Questo non vuol dire, ovviamente, smarcarsi dalla risposta comunitaria alla guerra ucraina. Meloni rivendica la coerenza - della posizione italiana, conferma la prosecuzione degli aiuti militari ed economici a Kiev così come si dice orgogliosa dell'accoglienza data ai profughi in fuga dal conflitto. E non fa marcia indietro neanche sulle sanzioni, «che ci fanno male ma sono efficaci». L'importante è che non ricadano sui cittadini, come ha dimostrato l'intervento del governo per salvare la raffineria Lukoil di Priolo.

 

 

Il secondo tema spinoso è quello dell'immigrazione. La premier conferma la linea della fermezza e rivendica il ruolo italiano nell'aver portato la rotta del Mediterraneo centrale nel dibattito comunitario. Ma le risposte finora ipotizzate da Bruxelles non bastano. «Occorre passare - spiega- dal dibattito sul tema della redistribuzione a quello sulla difesa comune dei confini esterni della Ue. Serve un quadro di collaborazione basato sui flussi legali e su un'incisiva azione di prevenzione e contrasto di quelli irregolari, fermando le partenze e lavorando a una gestione europea dei rimpatri». Il tutto accompagnato da un vero piano di aiuti per l'Africa, che per Roma ha un esempio nell'intesa per la nuova interconnessione elettrica tra Italia e Tunisia. «Attraverso accordi di cooperazione come questo - spiega Meloni - lavoriamo per fare dell'Italia la Nazione promotrice di un "piano Mattei" per l'Africa», «che costruisca le condizioni per difendere il diritto a non emigrare». Fin qui la teoria. La pratica dovrà giocoforza tenere conto della realpolitik e quindi della necessità di mantenere un dialogo costante con le istituzioni comunitarie. A partire da oggi, quando la Commissione europea dovrebbe dare il suo primo parere ufficiale sulla Manovra licenziata dal Cdm e ora in esame alla Camera.

Si attendono, in particolare, i risultati dell'interlocuzione sul tetto minimo per far scattare le sanzioni ai commercianti che rifiutato i pagamenti elettronici, con il governo italiano che ha fissato la soglia a 60 euro ma, in nome degli obiettivi siglati nel Pnrr, sarebbe pronto ad abbassarla fino a 30 o 40. Meloni, che stamattina replicherà le comunicazioni in Senato e in serata decollerà alla volta di Bruxelles, continua però a difendere le scelte del suo esecutivo: «Il sostegno all'economia reale passa anche dall'innalzamento del tetto dei pagamenti in contanti, da mille a cinquemila euro, e dalla possibilità che l'obbligo di accettare pagamenti elettronici sia previsto solo per quei pagamenti che superano una certa soglia. Sono due scelte che il governo rivendica» spiega all'assemblea di Confesercenti. E rilancia anche sul cuneo fiscale: «Il nostro obiettivo di legislatura è arrivare ad un taglio di 5 punti percentuali fino a 35mila euro di reddito, un terzo lato azienda, due terzi lato lavoratore».

 

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